Intervista all’ingegner Francesco Saverio Profiti del Centro Studi Tocqueville-Acton
In attesa di conoscere l’entità degli eventuali tagli che il Governo Letta apporrà alla Sanità nella nuova legge di stabilità,
Aleteia ha cercato di capire meglio come il sistema sanitario nazionale (SSN), potrebbe reagire ad un eventuale nuovo taglio lineare e come invece si potrebbe affrontare con maggiore efficacia eventuali trasformazioni gestionali della spesa. Per farlo abbiamo raggiunto l’ingegner Francesco Saverio Emmanuele Profiti, responsabile innovazione e new media del
Centro Studi Tocqueville-Acton.
Aleteia ha cercato di capire meglio come il sistema sanitario nazionale (SSN), potrebbe reagire ad un eventuale nuovo taglio lineare e come invece si potrebbe affrontare con maggiore efficacia eventuali trasformazioni gestionali della spesa. Per farlo abbiamo raggiunto l’ingegner Francesco Saverio Emmanuele Profiti, responsabile innovazione e new media del
Centro Studi Tocqueville-Acton.
Ingegner Profiti, la logica dei tagli lineari alla Sanità è una logica che poco si sposa con la complessità del servizio sanitario. Per evitare che tali tagli si ripercuotano sui livelli essenziali di assistenza e che non siano efficaci, invece, nel contrasto gli sprechi, su quali strategie di più ampio respiro bisognerebbe concentrare maggiormente l’attenzione?
Profiti: Ha perfettamente ragione. Effettivamente i tagli lineari rispondono sempre ad una logica de “a mali estremi, estremi rimedi”. I servizi sanitari, per loro natura, sottendo processi organizzativi, di programmazione e controllo molto complessi sia per la “delicatezza” del servizio in quanto tale, sia per altri fattori intrinseci quali numero di attori coinvolti, distribuzione territoriale, popolazione di riferimento, ecc. Applicare tagli lineari in questo settore significa trascurare questa complessità e intervenire grossolanamente sul fenomeno. I risultati di questi provvedimenti a “granularità grossa” si traducono quasi sempre in un abbassamento della qualità del servizio al cittadino, lasciando inalterato il problema degli sprechi e della cattiva gestione che, invece, dovrebbero essere affrontati in una logica di ottimizzazione. Siamo tutti consapevoli che, a fronte della contingente situazione economica e politica (non dimentichiamo i recentissimi eventi relativi alla fiducia al governo Letta), quella che si sta percorrendo è l’unica strada possibile. Tuttavia, per non rendere vani i sacrifici che ne derivano e per evitare le iterazioni future, è necessario accompagnare questi provvedimenti con interventi innovativi capaci di ottimizzare le organizzazioni e i processi e che abbiamo come finalità la minimizzazione degli sprechi e la massimizzazione della qualità del servizio al cittadino. In questo senso, la leva dell’innovazione tecnologica assume un ruolo di primaria importanza, come peraltro ribadito nella Strategia Europa 2020.
Al centro del taglio e dei provvedimenti in finanziaria sul comparto Sanità, c’è il contenimento della spesa sui farmaci, una questione che senza strumenti di monitoraggio capillari (che l’informatica dispone ormai da anni) non ha senso e rischia di non portare i benefici sperati e ricadere sui cittadini: è così? Cosa sarebbe necessario fare?
Profiti: E’ proprio così. Una delle più importanti voci di spesa da tagliare contenuta nella legge di stabilità è la spesa farmaceutica territoriale. Il settore farmaceutico è, analogamente a quanto già detto per i servizi sanitari, un settore estremamente complesso nel suo funzionamento visti gli attori in campo. Basti pensare che chi governa l’offerta (medici prescrittori) non ha un ritorno economico diretto, così come chi genera la domanda (ovvero i cittadini) non paga direttamente l’intera prestazione (un terzo, l’SSN si fa intermediario). Se a questi si aggiungono il sistema di distribuzione rappresentato dalle farmacie e dai i grossisti, nonché le aziende farmaceutiche produttrici, si comprende bene il senso di questa complessità. E’ impensabile governare e ottimizzare fenomeni così importanti senza l’ausilio di strumenti informatici che consentano di misurare e controllare a vari livelli l’andamento dei processi. Se pensiamo a molti processi industriali, i processi di cui parliamo sono ben più complessi; eppure le aziende private da anni utilizzano gli strumenti informatici per misurarli, controllarli e migliorarli. Seguendo la stessa logica, quello che ad oggi appare importante fare, è affiancare ai provvedimenti di contenimento della spesa una decisa accelerazione sui temi dell’Agenda Digitale che riguardano propri i temi sanitari. La prescrizione elettronica, ovvero la possibilità di ottenere un farmaco senza più la ricetta cartacea, è sicuramente uno di questi. Attraverso la prescrizione elettronica, infatti, non soltanto si rende più economico il processo prescrittivo per effetto dell’eliminazione della carta, ma si mettono le basi per avere dati sempre aggiornati e puntuali per misurarne l’andamento e affrontare temi importati quali l’appropriatezza prescrittiva. Dare priorità a questi interventi, aiutando le Regioni a dotarsi prioritariamente di questi asset così cruciali, penso vada nella giusta direzione dell’ottimizzazione.
Ingegnere, un aspetto ritenuto secondario ma che su tutta la tematica della vendita al dettaglio si sta ponendo come una soluzione aggiuntiva ai costi è quello del "packaging", cioè delle confezioni standard. Se nel nord Europa è facile trovare distributori di detersivi o di latte nei supermercati, non così in Italia. Nel campo farmaceutico ipotizzare la vendita secondo prescrizione e non per blister standardizzati, può essere un modo per contenere spese, procedura e burocrazia legata alla ricetta. Problema culturale, economico o normativo?
Profiti: Il “packaging” è argomento di discussione molto interessante rispetto al problema del contenimento dei costi che, a mio parere meglio si adatta alla spesa farmaceutica ospedaliera più che a quella territoriale. Relativamente alla spesa farmaceutica territoriale, infatti, il problema del confezionamento è già stato sufficientemente affrontato per i farmaci più onerosi. Certamente sussiste un problema di natura culturale da parte dei cittadini che, molto spesso, tengono in poca considerazione il loro “magazzino farmaceutico personale”. Una maggiore attenzione e una maggiore sensibilità in questo senso potrebbe portare, come in altri ambiti (vedi il risparmio energetico), a maggiori economie. Più interessante è l’ambito ospedaliero, in cui vari progetti sui farmaci monodose e loro logistica sono stati avviati. I sistemi di farmaco monodose prevedono che i farmaci consegnati dai fornitori presso la farmacia dell’azienda sanitaria nelle confezioni delle case farmaceutiche, vengano suddivisi in monodose, mediante macchinari automatizzati. Queste monodosi vengono quindi confezionate in una singola dose di farmaco, etichettate con bar code, stoccate in magazzino, e prelevate e distribuite sulla base delle richieste medianti dispenser manuali o automatici. Tali progetti hanno dimostrato non soltanto una significativa riduzione dei costi nelle realtà in cui sono stati avviati per effetto di una migliore gestione logistica (scadenza, conservazione, distribuzione), ma hanno portato effetti positivi collaterali non meno importanti come il contenimento dei rischio clinico. Tuttavia, in questo contesto, il tallone d’Achille è rappresentato dal cambiamento del formato delle confezioni a volte operato dalle aziende farmaceutiche, che vanificano molto spesso gli investimenti fatti per i macchinari di confezionamento del monodose. Per ovviare a questo problema, sarebbe opportuno un intervento a livello centrale che garantisca la standardizzazione del formato delle confezioni per un determinato periodo di tempo.
L’invecchiamento della popolazione da un lato e una ormai lunga crisi economica dall’altro hanno aggravato i conti della Sanità: più malattie croniche, sempre più persone non autosufficienti. La persona è un valore in sé, ma gli stati hanno rigidi standard da mantenere sui conti pubblici: come fare?
Profiti: E’ vero, il progressivo invecchiamento della popolazione del nostro Paese, accompagnato da una domanda di servizi sempre più qualificati, metterà nel prossimo futuro il nostro sistema sanitario a rischio. E’ chiaro che in questo scenario il pubblico non potrà affrontare da solo la sfida. Necessariamente si dovrà trovare una strada per creare maggiori sinergie con il privato, sempre in un’ottica di rispetto del valore della persona umana e dei principi di sussidiarietà e solidarietà. I tagli lineari sulla sanità convenzionata, così come proposti nella legge di stabilità, non vanno esattamente in questa direzione. Perché, nel maldestro tentativo di combattere gli sprechi, non si valorizzano anzi si penalizzano le eccellenze private a livello nazionale ed internazionale che esistono nel nostro Paese. Torniamo un po’ a quanto detto all’inizio di questa nostra discussione: bisogna misurare e valorizzare per ottimizzare, piuttosto che colpire indiscriminatamente. Bisognerà poi anche trovare il coraggio di utilizzare strumenti innovativi ancora poco diffusi in questo ambito, come ad esempio le Public-Private Partnership, indicati peraltro nella Strategia Europa 2020.
– In questi anni le regioni sono divenuti centri di spesa. Se il principio di sussidiarietà presuppone che l’avvicinamento al territorio tra chi eroga un servizio e il cittadino semplifichi le procedure e migliori i costi, il buco di molte regioni sembra dire che le cose vanno diversamente: era meglio il centralismo statale?
Per mia estrazione culturale direi certamente no, anche se non è facile rispondere in senso assoluto a questa domanda. Quel che è certo è che, a mio parere, non è ancora stato fatto il possibile per mettere in campo tutti quegli strumenti e le innovazioni che possano consentire l’ottimizzazione complessiva del sistema. Molto c’è da fare, molto c’è da pensare in un ottica di strategica a medio e lungo periodo. Quel che manca, ad oggi, è la necessaria stabilità politica necessaria a pensare proprio in un’ottica strategica piuttosto che tattica.