Gli ultimi luttuosi naufragi vicino Lampedusa chiamano un cambio di legislazione a livello nazionale ed europeoIl Governo italiano dice "basta" alle ricorrenti tragedie in mare che buttano sulle coste di Lampedusa centinaia di cadaveri di migranti in fuga dai loro paesi per guerra o povertà e vara l'Operazione Mare nostrum: una operazione "militare e umanitaria" che prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare con l'obiettivo di incrementare il livello sicurezza delle vite umane nel Mediterraneo. Insieme a vari mezzi della Marina militare, un aereo ed elicotteri con sistemi di visione notturna, l'Italia ha schierato anche dei droni cioè sofisticati velivoli senza pilota.
Il compito delle navi e degli aerei coinvolti nell'operazione è pattugliare il tratto di mare tra Lampedusa e le coste di Libia e Tunisia per intervenire in caso di emergenze. «Il primo obiettivo è spostare la front line del soccorso vicino ai porti di partenza delle carrette del mare, in modo da evitare altre vittime. Ma l’operazione, secondo il ministro Alfano, "avrà un effetto deterrente significativo per chi pensa di fare impunemente traffico di esseri umani", poiché il pattugliamento "darà la possibilità di intercettare i mercanti di morte" e avviare l’intervento delle procure "che già in due circostanze ha portato al sequestro delle navi e all’arresto dell’equipaggio". Ma cosa sarà dei migranti soccorsi? "Esistono – spiega Alfano – le regole del diritto internazionale della navigazione: non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano. Si valuterà in base al luogo dove avverrà l’operazione"» (Avvenire 14 ottobre).
Uno dei punti dolenti dell'accoglienza dei migranti è proprio la norma europea – il Regolamento di Dublino – per la quale i profughi sono identificati ed accolti dal Paese in cui arrivano, una norma aggirata spesso dagli stessi migranti che si sottraggono ai controlli delle autorità italiane perchè per ragioni di ricongiungimento affettivo o per i migliori sistemi di accoglienza offerti da altri Stati preferiscono dirigersi nel nord Europa. Uno degli obiettivi del governo italiano con l'Operazione Mare nostrum è convincere l'Europa a cambiare l'approccio comunitario sulle politiche migratorie ottenendo un primo impegno al prossimo Consiglio europeo del 24-25 ottobre.
Secondo Lapo Pistelli, vice ministro agli Esteri, «abbiamo un dovere d’intervento, che ci deriva dalla posizione geografica e dall’umana solidarietà. Posto che la politica dei respingimenti è inumana e fallimentare e che l’Italia deve coinvolgere la Ue ma senza restare inerte, è chiaro che l’intervento umanitario comporterà costi, ma è giusto discuterne alla luce del sole…» (Avvenire 15 ottobre). L'idea è quella di ottenere una modifica al Regolamento di Dublino: «È necessario. Lo dicono le cifre: nel 2012 i migranti approdati sulle coste italiane sono stati 12.726. Quest’anno siamo già oltre quota 31 mila (17 mila da luglio): 8 mila siriani, 8 mila eritrei, 3 mila somali, 2.300 egiziani, 2 mila nigeriani. La paura dell’invasione è sbagliata. L’Italia è solo il piano terra del condominio Europa: per i migranti siamo la porta d’ingresso, ma una volta entrati, si spostano in altri Paesi, per ricongiungersi con connazionali e parenti o ottenere accesso a un welfare migliore. Lo confermano i dati: ad agosto 2103, per Frontex (n.d. r. Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea ), i migranti irregolari rintracciati nella Ue erano 30 mila in Germania, 21 mila in Francia, 20 mila in Spagna, 19.800 in Svezia, 14 mila in Italia, 13 mila in Grecia, 7 mila nel Regno unito. Si tratta solo di registrare la legislazione europea, senza ipocrisie, per ottenere un sistema efficiente» (Avvenire 15 ottobre).
Sul fronte interno, per affrontare il tema dei migranti al di là della logica emergenziale che finisce per rendere inumane le condizioni di vita per chi cerca una possibilità di futuro nel nostro Paese e ne depaupera le limitate risorse in interventi che non hanno continuità e resa oltre l'immediato, è necessario abolire la legge Bossi-Fini. È una legge, afferma Pistelli «basata su un’idea anacronistica di migrante come fattore economico di produzione a tempo, senza possibilità d’integrazione. Ma i migranti che si integrano, come è accaduto ad esempio per migliaia di piccoli imprenditori egiziani, sono fattori di crescita per l’Italia: i migranti che non possono farlo, diventano bombe a orologeria. Inoltre, la Bossi-Fini ha favorito la logica dei respingimenti: è figlia di un tempo in cui si è dato spazio alla pancia, cioè alle paure. Ora serve una nuova legge, fatta con la testa e con il cuore, che sappia accogliere nella legalità» (Avvenire 15 ottobre).
Lo pensano anche i vescovi siciliani che riuniti a Siracusa nel 60esimo della lacrimazione della Vergine hanno lanciato un appello alle persone di buona volontà: «Il grido di aiuto dei migranti e la domanda di soccorso "non possono lasciare freddi o indifferenti noi e quanti, per cultura e per sensibilità, sentiamo forte a partire dal Vangelo il senso dell’accoglienza e del dialogo. La gente di Lampedusa, alla quale va la nostra gratitudine e la nostra ammirazione per l’instancabile apertura di cuore nei confronti di quanti hanno cercato approdo tra loro, ha mostrato al mondo il valore e l’efficacia dei gesti semplici e significativi del quotidiano: la vicinanza, il soccorso, il pianto, la collera, la pazienza. E nello stesso tempo ha dimostrato l’inutilità controproducente di talune risposte istituzionali che non hanno contribuito a risolvere il problema, ma anzi hanno moltiplicato il numero delle vittime"». Per questo i vescovi hanno invitato ad approfondire la conoscenza del fenomeno migratorio, studiando forme di solidarietà verso i migranti e a sollecitare «interventi politici ai diversi livelli che contribuiscano ad affrontare realisticamente il problema e a elaborare soluzioni efficaci» (Avvenire 14 ottobre).