Contro il sovraffollamento delle carceri, amnistia, indulto e provvedimenti alternativi"Vi pongo con la massima determinazione e concretezza una questione scottante. Parlo della drammatica questione carceraria che va affrontata in tempi stretti. Sottopongo all'attenzione del parlamento l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, ad uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo: esse si configurano, non possiamo ignorarlo, come un'inammissibile allontanamento dai principi e dall'ordinamento si cui si fonda quell'integrazione europea cui il nostro paese ha legato i suoi destini". E' un passaggio della lettera di 12 pagine che Napolitano ha scritto al Parlamento per affrontare il tema dell'emergenza carceraria che ha prodotto numerosi ricorsi alla Corte di Starsburgo per violazione dei diritti umani.
Per il presidente occorre porre fine al sovraffollamento nelle carceri adottando in tempi stretti provvedimenti di amnistia e indulto e adoperandosi al contempo per riformare complessivamente il sistema giustizia. Aleteia ne ha parlato con don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane.
Lei parla già da anni della necessità di questi provvedimenti, sarà quindi d'accordo con Napolitano…
Balducchi: Il presidente ha delineato molto bene qual è la situazione, sul piano giuridico e su quello morale. Ha individuato i problemi e trovato le soluzioni: i provvedimenti straordinari di amnistia e indulto per evitare ulteriori condanne da Strasburgo dal 2014. Più importante ancora, il presidente ha affermato che se vogliamo che questi provvedimenti abbiano un effetto non limitato nel tempo, occorre una riforma penale complessiva per la quale il carcere sia la soluzione ultima, quando non c'è altra possibilità. Infatti Napolitano ha parlato di messa alla prova come pena principale con la possibilità di iniziare da subito un percorso di reinserimento e di pene limitative della libertà personale non carcerarie. Solo così in carcere si potranno fare percorsi seri di trattamento in grado davvero di cambiare la vita delle persone.
La prospettiva del carcere come ultima soluzione non rischia di allarmare l'opinione pubblica?
Balducchi: La allarma se l'informazione data dai media è incompleta come accade spesso. I dati dimostrano che persone che escono dal carcere e sono seguite con un accompagnamento serio abbattono le percentuali di recidiva: se quelli abbandonati a se stessi tornano a delinquere al 60%, gli altri hanno una recidiva tra il 15 e il 20%. L'informazione tende ad alimentare la paura più che ad aumentare la speranza. Il carcere come extrema ratio non significa nè deresponsabilizzare la persona nè non rispondere del male che ha fatto ma non può riparare al male fatto se non ha gli strumenti per farlo. Per questo i percorsi alternativi richiedono risorse per aiutare a trovare lavoro e casa. La maggior parte della gente che sta in carcere è segnata dal disagio sociale o dalla malattia e non ha risorse per cambiare vita.
E le vittime, chi si occupa del loro disagio?
Balducchi: Questo è un altro settore in cui l'Italia è indietro. E' dal 1999 che l'Europa ci chiede di istituire gli uffici di mediazione penale anche per gli adulti. Si tratta di uffici in cui si fanno incontrare la vittima e l'autore del reato per ascoltare ognuno la vicenda umana dell'altro. In Italia si fa in parte solo con i minori, ma in Europa ci sono esperienze molto forti in questo senso nelle quali l'autore del reato attraverso la sofferenza della vittima si è reso conto davvero del male commesso e la vittima è riuscito a dare il proprio perdono anche per reati molto gravi come l'omicidio di un congiunto. La forza di una persona che perdona ha un effetto dirompente: lo so perchè io stesso ho accompagnato due persone che hanno chiesto e ottenuto il perdono. Non è semplice e occorrono le condizioni adatte, ma è possibile. La giustizia si presenta così come un divenire comune a tutti, senza cancellare i volti e avendo davvero la possibilità di riparare al male.
Di sovraffollamento carcerario così come di provvedimenti di amnistia e indulto si parla in maniera ricorrente ma in pochi casi alle parole sono corrisposti dei fatti: quale effetto ha sulle persone in carcere?
Balducchi: Le speranze deluse in carcere producono ferite ancora più pesanti, alimentando la rabbia o la depressione nei soggetti più deboli. Credo però che adesso sia venuto davvero il momento di agire anche perchè le ripercussioni in campo economico per l'Italia delle condanne di Strasburgo dal 2014 saranno rilevanti. C'è una convinzione interna al mondo del carcere – che non è fatto solo di detenuti ma anche di agenti, educatori, psicologi – che non si può più andare avanti così. C'è una disincentivazione al lavoro e una mancanza di prospettive anche per chi vive il carcere dall'altra parte, in fondo quasi ugualmente "costretto". Non si può capire quale pressione costituisca per un agente lavorare in un reparto con 80 detenuti tossicodipendenti per sei ore di seguito se non si è visto da vicino. Lo dimostra il fatto che ci sono molti suicidi anche tra le guardie carcerarie. E' una situazione pesante anche per i cappellani: 100 persone puoi seguirle bene, farti presente, ascoltarle; con 300 fai solo quello che puoi. E 300 persone non rappresentano la media: a Poggioreale con migliaia di detenuti ci sono solo due cappellani. Così psicologi ed educatori: con più detenuti hanno meno ore per svolgere efficacemente il loro lavoro. Il sovraffollamento fa "saltare" tutta la struttura.
Pensa che stavolta si arriverà a un cambiamento?
Balducchi: Il presidente ha rivolto un appello molto significativo, importante, al Parlamento e nelle risposte che sono arrivate intravedo uno spiraglio, una finestra aperta. Spero che presto possa diventare una "porta" che faccia entrare ossigeno e torni ad alimentare la speranza per tanti.