Dio e la Rete a confronto in un convegno oggi a Roma, le domande di chi, dalla rete, cerca modi di sviluppare comunione
L'interesse dimostrato dal mondo laico per il lavoro di padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e autore del libro “Cyberteologia” culmina oggi, alle 17 a Roma, con una tavola rotonda presieduta dal ministro della Pubblica Amministrazione D'Alia, la presenza di parlamentari dei partiti di governo e naturalmente esperti che dibatteranno sugli spunti offerti dal volume del gesuita, come abbiamo già avuto modo di accennare qui.
Oltre alla discussione una sessione di domande provenienti da blogger cattolici che saranno presenti alla discussione. Aleteia li ha raggiunti e ha chiesto loro quali interrogativi aveva suscitato il testo di Spadaro e quindi quali quesiti pensano di porre oggi:
Simone Sereni, (social media editor e blogger www.VinoNuovo.it) : “'Cyberteologia' è un libro pieno di domande: ne ho contate e annotate almeno 18. Uno stile di scrittura che traccia un metodo e indica una delle tante chiavi della Rete: è un luogo pieno di domande che cercano ascolto. E’ interessante poi che questa specifica teologia abbia attratto molti anche fuori dalle aule delle università cattoliche e dei convegni degli esperti. Eppure, quanta buona, persino eccellente, teologia la Chiesa ha prodotto nei secoli? Il motivo lo ha spiegato bene Chiara Giaccardi: “Cyberteologia è un libro per tutti, perché parla del mondo in cui tutti viviamo, e del modo in cui l’appartenenza a questo mondo, del quale i media sono parte integrante, orienta il nostro approccio alla fede”. Infine, resta ancora aperta per molti la questione del dualismo digitale, per cui esisterebbe un mondo “reale”, mediamente sano, e un mondo “virtuale”, mediamente falso e malato che ovviamente è in Rete”. Una premessa utile per arrivare ad una chiave interpretativa che permette di “relativizzare questo schema, che potrebbe essere sempre la stessa: ma perché, cosa succede di diverso nella vita e nelle relazioni fisiche, diciamo, reali? Mi limito a citare a mo' di esempio una obiezione tipo, un po' autoreferenziale, da parrocchia: 'Va bene la Rete, le potenzialità, etc etc ma la comunione vera però si può vivere solo dal vivo, nelle relazioni personali'. Ok, bene, giusto. Ma sono più in comunione con Tizio, amico d'infanzia, e residente all'estero, con cui scambio tre email l'anno ricche di esperienze vissute insieme, di vita vera e di affetto reciproco e magari una videochat via Skype? O con Caio, qui di fronte a me che mi parla di comunione, mi sorride con una cordialità affettata e tre secondi dopo parla male di me al primo che passa? Sono più in comunione con chi, magari non ho mai incontrato, ma scrive che sta pregando per me? O con chi fa con me la Comunione tutte le domeniche ma in 10 anni non si è mai fermato a chiedermi 'come stai'?” Che permette a Sereni di porsi una domanda cruciale: “Dove e quando sperimentiamo e comunichiamo di più ambiguità e falsità? Quanto e come ci nascondiamo o ci mascheriamo davvero nella vita fisica?”
Don Mario Aversano, (sacerdote e blogger, esperto di tematiche legate alla spiritualità ed alla vocazione www.iltesoro.org) – si avvicina da pastore al tema rete e fede: “L'esperienza del nostro blog e delle relative interazioni sui social network rivela una "fame" di relazione e di confronto sulla ricerca di Dio e sul senso da dare alla propria vita. Tra le maglie della rete emerge la domanda vocazionale, il desiderio di darsi dei tempi e degli spazi per interrogare la Parola di Dio e trovarvi una bussola per la propria vita. Accanto alle parrocchie e ai contesti religiosi più tradizionali (dove oggi non è sempre facile incontrarsi e trovare qualcuno che si metta in ascolto), la rete si configura anche come "luogo spirituale", terreno per fermarsi sulle questioni decisive: Che cosa fare della vita? Come mettersi in ascolto di Dio? Quale salvezza per i nostri tempi? Come testimoniare il Vangelo? Come porsi di fronte alle nuove sfide in campo etico, civile, religioso?” E annota come “Paradossalmente, la rete può consentire una comunicazione meno formale, meno anonima e frettolosa di quanto spesso accada nel ritmo accelerato della vita quotidiana. La comunicazione – anche via mail – recupera la dimensione della direzione spirituale che un tempo avveniva per via epistolare, dando alla scrittura un ritrovato ruolo nella biografia delle persone” e infine “i giovani che si interrogano sulla propria scelta vocazionale, prima di recarsi in seminario o in convento osservano, chiedono, bussano alle porte dei siti internet ad essi collegati. La familiarità con la rete spinge a una ricerca intuitiva sul web e apre alla possibilità di una visita successiva al luogo fisico che ospita le comunità religiose”.
Luca Paolini, (blogger cattolico specializzato in metodologie per l'insegnamento ircduepuntozero.ning.com; www.religione20.net) – racconta la sua esperienza di insegnante, dalla quale scaturisce una adesione convinta al linguaggio e alla sfida posta dal libro di Spadaro, forte del proprio approccio multimediale all'insegnamento: “Solo 6 anni fa cominciava la mia storia di blogger e insegnante di religione cattolica in rete, e a quel tempo, che sembra ormai così lontano, la chiesa e il mondo cattolico guardavano ancora con diffidenza il mondo di internet, le nuove tecnologie, come se il mondo virtuale fosse sinonimo di alienazione e perdizione. La mia sfida è stata quella di fare “Cultura” con la “C” maiuscola nel mondo dei nativi digitali. I ragazzi che oggi come allora arrivano a scuola crescono con lo smartphone e i videogiochi in mano, come può l’ora di religione intercettarli? Con alcuni colleghi più intraprendenti abbiamo cominciato a far conoscere il messaggio cristiano e della Chiesa a scuola, usando un registro e un linguaggio diversi, più vicino alle giovani generazioni, il linguaggio dei social network e il linguaggio delle nuove tecnologie. La religione ha perso così in molti casi quella patina di vecchio e di muffa, come direbbe il Papa, che gli era stata ritagliata addosso”.