Gene Simmons, cofondatore dei Kiss, fa apologia del quarterback Tim Tebowdi Marco Respinti
Ricordate Tim Tebow? È il quarterback che conosce anche chi non sa nemmeno quale sia la forma del pallone del football americano, quel ragazzone dal volto squadrato e il sorriso a 32 denti famoso per tatuarsi versetti della Bibbia sul volto durante la partite, per inginocchiarsi a pregare a bordo campo prima dei match e che nel 2010 scandalizzò i politicamente corretti, comparendo, con la sua mamma, in uno spot pubblicitario antiabortista trasmesso al Superbowl.
E ora non dite che non avete mai sentito parlare dei Kiss, il famoso gruppo americano di hard rock che, dal 1974, calca le scene col volto pitturato di trucco pesante e mostruosi costumi da Halloween permanente, non lasciandosi mancare nulla in quanto a eccessi e stravizi. Sul palcoscenico, i componenti della band impersonificano da sempre quattro personaggi surreali e il più orripilante è sempre stato Gene Simmons, bassista e cofondatore del gruppo, che veste i panni di un demone-vampiro mangiafuoco e sputasangue.
Tebow e Simmons, insomma, stanno assieme come il diavolo e l’acqua santa. O forse no. In un’intervista a radio.com, emittente del colosso Cbs, il bassista dei Kiss si è infatti lanciato in una serena quanto ferma apologia dell’atleta. «Nutre una fede profonda? Bene, perché mai non dovrebbe? Siamo negli Stati Uniti. È orgoglioso di essere cristiano, che c’è di sbagliato? Eppure i media che si occupano di sport e si cultura pop prendono in giro questa religione. Davvero? Negli Stati Uniti? […] Che diamine! Al ragazzo stanno a cuore i valori della famiglia. Io non ho mai visto la stampa prendersela con Michael Vick», il quarterback dei Philaldephia Eagles coinvolto nel giro dei combattimenti illegali tra animali, «perché tortura i cani. O con quell’altro giocatore», Aaron Hernandez , già attivo nei New England Patriots di Foxborough, nel Massachussetts, la stessa squadra in cui militava Tebow, «che è accusato di omicidio. Questa infatti è roba “da duri”; mentre un ragazzo religioso, per il quale la famiglia è un valore, non è un “duro”. Per me invece Tebow è un “duro”».
Tanto “duro” che il più imbrobabile dei suoi difensori sta cercando di metterlo sotto contratto per la LA Kiss, la neonata squadra di Los Angeles che Simmons e i suoi compagni di palcoscenico stanno lanciando nell’Arena Football League, la principale lega professionale di questo sport.
In un’intervista a Fox News, Simmons è andato pure oltre. Prima ha invitato tutti alle partite degli LA Kiss sottolineando che i prezzi degli abbonamenti sono stati tenuti bassi perché quello è uno spettacolo per famiglie, poi ha ricordato che il valore famigliare di questi incontri è irrobustito dalla oramai quasi certa futura presenza di Tebow e della sua fede, quindi ha colpito con la sua proverbiale faccia tosta: «I cronisti e la piccionaia degli stadi lo prende in giro per la sua religiosità, ma è la cosa più odiosa che sia mai capitata nel giornalismo sportivo, un delirio, e i giornalisti che lo irridono dovrebbero risponderne» (a radio.com ha pure aggiunto che bisognerebbe radiarli). «In che Paese viviamo? Se si fosse trattato di un musulmano, nessuno avrebbe osato farlo; ma quando si tratta dei cristiani, si sentono per qualche ragione in dovere di farlo». Peli sulla lingua Simmons non ne ha: «Nessuno tratterebbe così un musulmano, oppure un ebreo». Apriti cielo? Chi tocca gli ebrei muore? Conferma dell’antisemitismo che anima i Kiss, il cui controverso logo sfoggia da sempre due “SS” runiche simil-naziste?
Niente affatto. Gene Simmons è un nome d’arte. Il difensore di Tebow si chiama infatti Chaim Weitz ed è ebreo fino al midollo (come pure lo è Paul Stanley, alias Stanley Harvey Eisen, classe 1952, chitarrista ritmico, cantante e altro cofondatore dei Kiss). Weitz/Simmons è nato ad Haifa nel 1949, parla ebraico correntemente, dice che negli USA si sente ancora un po’ straniero ma è eternamente grato agli americani che gli hanno salvato la mamma (ebrea ungherese) da Auschwitz, e famosa è quella puntata del suo reality-show autobiografico, Family Jewels, che documenta il suo viaggio in Israele alla riscoperta delle radici, era il marzo 2011, kippah in testa per pregare commosso sulla tomba del padre.
«Per gli uomini la religione è una cosa buona», ha sentenziato a braccio nella citata intervista a radio.com. «Senza i Dieci Comandamenti… che ci sono stati dati dagli ebrei… senza i Dieci Comandamenti, sarebbe il caos. Qualcuno ha detto: “Ecco delle idee buone: non rubare e non uccidere”. Sono proprio idee buone. Si chiama “civiltà”. Vi è stato un tempo in cui queste cose non erano stato scritte. Regnava il caos! Il caos lo abbiamo ancora, ma almeno c’è un punto di riferimento. Sono proprio idee buone. Onora tuo padre e tua madre. Questa è un’idea buona!». Il diavolaccio Gene Simmons e il bravo ragazzo Tim Tebow: la realtà supera costantemente l’immaginazione.