Forti (Caritas Italiana): niente può arrestare la ricerca di una vita migliore dei migranti. Per la Siria aprire un canale umanitarioCostretti a gettarsi in mare dai trafficanti a qualche decina di metri dalla riva, 13 dei 160 emigranti eritrei a bordo di un barcone che cercava di raggiungere l'Italia, sono morti annegati davanti alle spiagge di Scicli. Il fatto è del 30 settembre ma la cronaca assomiglia a quella di molte altre tragedie già viste. Non per niente sulle stesse spiagge del ragusano, il 18 novembre del 2005 sono morte, in circostanze analoghe, altre 25 persone che adesso riposano nel cimitero di Scicli insieme al sogno di sfuggire alla miseria o alla persecuzione del proprio paese di origine. Tragedie inevitabili? Il frutto più amaro della "globalizzazione dell'indifferenza" denunciata da Papa Francesco? Aleteia ne ha parlato con Oliviero Forti, responsabile dell'ufficio immigrazione di Caritas italiana.
Forti: Credo che assisteremo per molto tempo a tragedie simili, almeno finchè non cambia il sistema a livello internazionale che non permette una mobilità globale che dovrebbe essere ormai una caratteristica normale dell'economia del nostro tempo. Le persone si spostano continuamente a causa dei conflitti o per il bisogno di trovare delle condizioni di vita migliori e gli Stati tentano di ostacolare questo movimento con politiche di ingresso figlie di un atteggiamento di chiusura. Tuttavia, come ripeto ormai da dieci anni, la molla per queste persone per tentare di raggiungere le aree del mondo che possono garantire condizioni di vita migliori di quelle di partenza, è talmente forte che niente le scoraggerà. Anche perchè la crisi economica internazionale, su cui spesso si fa leva per chiudere le porte all'immigrazione nei nostri paesi, non ha intaccato gli squilibri tra sud e nord del mondo, anzi il divario tra ricchi e poveri è aumentato ulteriormente.
Quali soluzioni suggerisce la Caritas?
Forti: Soluzioni nell'immediato non ce ne sono. Lo sforzo è quello di sensibilizzare sempre di più sul tema di mobilità e immigrazione, un tema che è sotto gli occhi di tutti e che va affrontato con maggiore realismo, sebbene oggi la crisi finisca per maldisporre anche coloro che in genere hanno una mentalità aperta all'accoglienza. La Caritas in questo senso cerca di trovare se non delle soluzioni definitive, quelle che garantiscano delle condizioni migliori per i migranti e soprattutto tutelino la loro vita. Sono tante le vittime delle migrazioni, non solo nel Mediterraneo, ma anche per esempio alla frontiera tra Myanmar e Thailandia o nell'Africa subsahariana. Milioni di persone si spostano in cerca di una vita migliore.
La visita di Papa Francesco a Lampedusa quale effetto ha prodotto?
Forti: E' stata una occasione straordinaria e pressochè unica per rimettere al centro del dibattito il tema migratorio che non si può ridurre solo agli sbarchi anche se, con il conflitto siriano in corso, il tema dei flussi improvvisi che mettono in crisi i centri di accoglienza non rappresenta più l'eccezione e bisogna farci i conti. Non bastano nemmeno le buone normative se non sono accompagnate da politiche di gestione dei flussi immigratori più realistiche che consentano l'accesso in maniera più sicura e tutelino la dignità della persona. Il dibattito sulle morti in mare resta schiacciato sul contrasto al traffico, ma il fenomeno dei trafficanti è il prodotto di normative restrittive. Proprio a proposito della crisi siriana, perchè non aprire un canale umanitario come hanno fatto la Germania o la Svezia? L'Italia non ha ancora degli accordi con i paesi limitrofi alla Siria, il Libano o la Giordania, per accogliere – attraverso un meccanismo di solidarietà internazionale riconosciuto – dei profughi in via transitoria. In Germania stanno arrivando cinquemila profughi, in via temporanea, però in sicurezza. Noi aspettiamo che arrivino sui barconi, in attesa che ci siano altre vittime o situazioni clamorose.
La chiave del problema è quindi una migliore gestione dei flussi migratori?
Forti: Ciò che manca oggi è una gestione di sistema. Se nel 2011 si è parlato di emergenza nell'accoglienza, oggi siamo già a 30 mila arrivi agli inizi di ottobre, per cui per fine anno si potrà arrivare a 35-40 mila. Si tratta per la maggior parte di eritrei o somali mentre i profughi arrivati dalla Siria sono circa 6-7 mila che però tendono ad andare velocemente verso il nord Europa, per ricongiungersi ad affetti o amici e per le migliori condizioni offerte ai rifugiati. A tutti costoro vanno offerte condizioni di vita dignitose e non mancano note positive. Abbiamo registrato con gioia l'allargamento, attuato da questo governo, da 3 a 16 mila posti disponibili per richiedenti asilo e rifugiati. E' un piccolo passo per la gestione dei flussi che rappresenta davvero la grande sfida del futuro.