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Barilla chiede scusa, ma siamo sicuri che debba farlo?

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La nuova Bussola quotidiana - pubblicato il 30/09/13
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Guido Barilla invia una breve clip con delle scuse al mondo gay e dice che “sull’evoluzione della famiglia ho molto da imparare”

Guido Barilla – presidente della omonima multinazionale alimentare, uno dei marchi italiani più conosciuti al mondo – volto teso, voce nervosa, è costretto a umilianti scuse, sul modello dei dissidenti cinesi. E’ una vecchia pratica maoista, ma torna sempre buona. Nella versione originale ci sono prima i lavori forzati e le sessioni di rieducazione, poi la pubblica autocritica. Nel caso specifico la rieducazione è stata veloce: un bombardamento mediatico scatenato dalla lobby gay e amplificato da tutti i maggiori quotidiani: in poche ore un brillante capitano d’industria trasformato sui notiziari di tutto il mondo in uno dei peggiori criminali in circolazione, inviti al boicottaggio dei suoi prodotti. E l’autocritica scatta immediata, anche per le forti pressioni in azienda e in famiglia per evitare un presunto disastro economico. Lo ha spiegato bene suo fratello Luca, vice-presidente del gruppo, parlando ai ragazzi delle scuole di Fidenza: «Mio fratello ha sbagliato – ha detto -, ma ha chiesto scusa perché noi in azienda rispondiamo alla regola che ci diede nostro padre: 'Che nessun dipendente abbia mai a vergognarsi di ciò che fa la Barilla'».
 
E di cosa dovrebbe vergognarsi la Barilla? Del fatto che Guido, intervenendo a un programma radiofonico e rispondendo alle domande pressanti dei suoi interlocutori che gli chiedevano perché non fa uno spot pubblicitario sulle famiglie gay, ha dapprima detto che i suoi soldi li investe come vuole, poi ha spiegato che non farà mai spot per famiglie gay perché lui crede che la famiglia sia solo quella naturale, marito, moglie e figli.
 
Cioè la Barilla dovrebbe vergognarsi di aver affermato ciò che è sancito dalla nostra Costituzione, per la quale la famiglia gay semplicemente non esiste. C’è una sola famiglia, che è «una società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29), finalizzata a «mantenere, istruire, educare i figli» (art. 30). Guido Barilla ha detto soltanto ciò che la Costituzione sancisce e rivendicato la facoltà di scegliere un pubblico di riferimento per vendere i suoi prodotti. Nessuna discriminazione, nessun atteggiamento anti-gay, nessun incitamento all’odio e alla violenza. 
 
Eppure si dovrebbe vergognare perché, come dice nel video di scuse, «mi hanno fatto capire che sul dibattito riguardante l’evoluzione della famiglia ho molto da imparare».
 
Così eccolo che si deve umiliare impegnandosi a incontrare nelle prossime settimane «gli esponenti delle associazioni che meglio rappresentano l’evoluzione della famiglia», cioè le associazioni gay. Affiora la possibilità, evocata dall’onnipresente Dario Fo in una lettera aperta a Guido Barilla, di uno spot Barilla pro-gay. Ed ecco allora che le terribili accuse dei giorni precedenti diventano magnanimità nei confronti del peccatore disposto a riconoscere i suoi peccati. Vedi il linguaggio clericale di Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay e consigliere regionale in Emilia-Romagna: «Capita a tutti di sbagliare nella vita – ha detto dopo aver visto il video -, l'importante è accorgersi dell'errore, ammetterlo sinceramente e fare di tutto perché ci sia un atteggiamento e una azione riparatrice». Da vomito. 
 
Così adesso Grillini è disposto a ricevere il “pentito” Barilla nel suo ufficio in Regione. Hanno piegato il nemico, adesso lo vogliono vedere strisciare ai loro piedi e farsi pagare un bellissimo spot che magari farà perdere quote di mercato alla Barilla (le famiglie vere contano più dei gay al supermercato) ma che sarà il trionfo dell’ideologia gay, il trionfo della violenza e dell’arroganza.
 
Possibile che nessuno si svegli davanti a queste cose? I gravi fatti di Casale Monferrato, con lo squadrismo gay che impedisce un normalissimo convegno (fatti ignorati ovviamente dalla stampa, inclusa quella cattolica) e ora la squallida vicenda Barilla: non è ancora chiaro che c’è una minoranza violenta e arrogante che detta legge e di cui siamo tutti ostaggio? Affermare che la famiglia è fondata sul matrimonio tra uomo e donna è diventato un crimine, «un’uscita infelice» nella migliore delle ipotesi (vedi Corriere della Sera). Non è ancora chiaro che la legge sull’omofobia non c’entra niente con le presunte violenze contro gli omosessuali, ma è soltanto un tassello nel consolidamento di una dittatura gay?
 
Come si fa ancora a sostenere che i gay sono discriminati? Imperversano nei giornali e nelle tv, comandano al cinema, dettano legge in politica, sono forti perfino nella Chiesa. Le donne con figli sono discriminate, non i gay. Nessun datore di lavoro ti chiede se sei gay, ma la stragrande maggioranza chiede alle donne giovani se hanno intenzione di sposarsi e fare figli (inteso che al “sì” si straccia la domanda di assunzione) o più semplicemente vengono scartate subito. E nessuno che si scandalizzi di ciò, nessuno che intervenga. 
 
Ma dove sono i custodi della Costituzione, quelli della sacralità dei princìpi repubblicani? Dov’è il presidente della Repubblica, che in questi anni ci ha sfracassato in tutti i modi con la Sacra Costituzione? Troppo impegnato a salvare Letta per accorgersi della deriva totalitaria che sta travolgendo l’Italia. Oppure no, è che – più semplicemente – lui ha già imparato e condivide l’evoluzione della famiglia, così come la deriva totalitaria, in fondo è un ricordo di gioventù. Così come questo governo che ha ampiamente sostenuto il disegno di legge sull’omofobia, nel silenzio di chi avrebbe potuto e dovuto dire che questa è la strada per la rovina del paese. 
 
E dove sono quei deputati di Scelta Civica che, giocando al Piccolo Stratega, hanno approvato il disegno di legge alla Camera perché Scalfarotto li ha accontentati con un emendamento che dovrebbe garantire la libertà di espressione? Patetici, Scalfarotto è ancora lì che ride. Guardate cosa sta accadendo, aprite gli occhi, con quell’emendamento ci potrete fare un sacco di cose, escluso salvare la libertà di chicchessia. La libertà è già stata perduta, e voi ne siete complici.
 
L’autocritica di Guido Barilla è un documento agghiacciante. Che almeno serva a risvegliare qualche coscienza.
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