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Coppia: un percorso verso il Signore, ma attenzione alla convivenza

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padre Angelo Bellon, o.p. - Amici Domenicani - pubblicato il 24/09/13
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Padre Bellon risponde ad una giovane che vuole aiutare il suo ragazzo a scoprire Dio mentre vanno a convivere, è giusto?

Buonasera padre Angelo, 
mi trovo qui dopo aver letto tante domande, tante belle parole nei confronti dei fedeli che le scrivono. 
Le scrivo per raccontarle la mia storia ed avere un suo parere. 
Sono sei anni che sto con un ragazzo, lo amo molto e siamo veramente felici insieme. Il problema più grande che mi turba è che lui non sia battezzato. I suoi genitori hanno deciso così per lui e per suo fratello perché hanno pensato che avrebbero scelto da adulti se essere cattolici o meno. Ma come può un adulto trovare nostro Signore e avvicinarsi a Lui senza averne praticamente mai sentito parlare? 
In più il tutto si è aggravato in quanto il ragazzo in pochi anni ha perso suo fratello e la sua mamma, entrambi di tumore. Lui dice di non credere nell’esistenza di Dio, ma quando mi sono trovata a parlarne con lui, mi è sembrato di capire che più che non crederci, lui si sente arrabbiato in quanto mi dice che se Dio esistesse non gli avrebbe provocato tutto questo dolore. 
Il fatto che io percepisca in lui questa rabbia in parte mi rincuora in quanto penso che in lui debba solo maturare l’idea che il Signore è presente per confortarlo, e non per punirlo. Intendo dire che credo sarebbe peggio se lui rifiutasse con tutto se stesso l’esistenza di Dio, piuttosto che riconoscerla inconsciamente sebbene con dolore e rabbia. 
Il parroco della mia Chiesa, che mi conosce da quando sono bambina mi ha detto che il Signore mi ha dato una missione, che è quella di convertirlo, che cosa ne pensa lei di questo amore? 
Lui mi chiede di andare a convivere, e da cattolica so che è un peccato mortale, ma quando siamo insieme lui è un’altra persona, è più sereno e felice, è tranquillo e questo riempie anche il mio cuore di serenità. Sono sicura che standogli vicina potrei indirizzarlo verso il Signore e i suoi insegnamenti, perché sono sicura che il Signore voglia ascoltare le mie preghiere. 
Prego sempre perché su di lui possa scendere lo Spirito Santo e possa illuminargli la retta via. 
Cosa devo fare perché questo mia grandissimo desiderio che lui possa credere nel nostro Signore si avveri? 
La ringrazio davvero tanto, e spero possa dare conforto al mio cuore.
 
Risposta del sacerdote
 
Carissima,
1. la prima cosa che balza al pensiero è questa: sono sei anni che vi conoscete e che vi volete bene. Non credo che manchi molto al matrimonio.
Perché non preparare il matrimonio piuttosto che la convivenza?
 
2. La convivenza è un’unione provvisoria, anche se nello sfondo in voi c’è l’idea del matrimonio.
Ma proprio perché è provvisoria è instabile e lascia aperta la porta allo sfascio.
Di qui la prima grande motivazione che deve invece spingere verso il matrimonio: non si può fondare una realtà così grande come quella del matrimonio su un fondamento così fragile.
 
3. Dire convivenza e dire intimità anche sessuale è la stessa cosa.
E qui vengono fuori altri problemi: nella convivenza il rapporto sessuale viene vissuto snaturandolo del suo più profondo significato, che è quello della donazione totale di sé, donazione che comprende tutto, anche la possibilità di diventare padre o madre.
Ma la contraccezione nega tutto questo proprio mentre si compiono atti che sono per loro stessa natura ordinati a questo. 
Proprio ieri rispondevo ad una giovane signora che all’interno del matrimonio, dopo aver smesso il coito interrotto, ha deciso di seguire i ritmi naturali di fertilità e di infertilità e parlava espressamente della “menzogna della contraccezione”.
 
4. Ne segue ancora che andando per la strada della convivenza, non aiuterai in nessun modo il tuo ragazzo ad avvicinarsi a Dio. Proprio perché il rapporto sessuale contraccettivo esclude Dio dal nucleo più intimo della persona.
Come diceva Giovanni Paolo II questo tipo di rapporto fa diventare praticamente atei.
Dio viene di fatto escluso dal nucleo più intimo di una persona.
Come potrai avvicinare il tuo ragazzo a Dio mentre di fatto perseguiresti con lui una strada che porta entrambi sempre più lontano dal Signore?
 
5. Di fatto tu aiuterai il tuo ragazzo ad incontrare Dio solo vivendo nella purezza.
Gesù ha detto: “Chi opera la verità viene alla luce” (Gv 3,21).
Quando un vetro è ben terso si può vedere bene fuori dalla finestra.
Se tutto è opaco si vede in maniera confusa, si è incerti su quello che si vede, non si riesce a identificarlo con precisione.
Così è anche di una coscienza pura. Finché rimane tale, la presenza di Dio la si vede e la si sente.
Quando non è pura non riesce più a vedere con precisione, si sbaglia.
 
6. Devi aiutare il tuo ragazzo ad essere puro, limpido.
Allora Dio non sarà un’idea, né uno nei confronti del quale ci si sente liberi di dargli il permesso di entrare nella nostra vita, né lo si accuserà di questo o quello.
Semplicemente si sentirà che è il Signore infinitamente buono, che tutto (compresa la sessualità e il rapporto intimo) è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui. E pertanto in vista di un bene infinitamente più grande.
Il rapporto intimo compiuto secondo Dio porta a Dio. Fa conoscere ancora di più qual è il suo significato più profondo che è quello di rivelare un’unione ancora più intima, più gratificante e più piena, qual è quella che ogni persona prova con Dio quando si lascia da Lui amare e cerca di amarlo con la totalità di se stessa.
 
6. Il succo dunque di tutto il discorso che ti ho fatto è questo: se vuoi portare il tuo ragazzo a Dio (e credo anch’io come il tuo parroco che questa è una delle missioni che il Signore ti ha affidato) devi aiutarlo a camminare in una strada che a Dio conduce. E cioè nella verità e nella purezza (castità).
Diversamente non avvicini a Dio né lui né te stessa.
 
Sono certo che sei convinta di tutto quello che ti ho scritto.
Assicuro la mia preghiera per te e per lui perché camminiate insieme incontro al Signore e vi benedico.

Padre Angelo
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