Padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano, racconta il loro dramma e le difficoltà dell’accoglienza
«Preghiamo perché non avvenga alcun intervento armato. La situazione è da tempo insostenibile e ci attendono giorni terribili». Al telefono con Aiuto alla Chiesa che Soffre da Beirut, padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano, racconta le drammatiche condizioni dei rifugiati siriani nel vicino paese dei cedri.
«Per le nazioni unite i profughi siriani in Libano sarebbero circa 750mila – riferisce il sacerdote – ma il nostro governo ritiene che siano almeno un milione e 500mila». Un dato impressionante se si considera che il Libano ha una popolazione di appena 4milioni e mezzo. «Se poi ci sarà l’azione militare, un altro milione di rifugiati potrebbe varcare la frontiera in cerca di aiuto. Damasco è a soli 15 minuti dal nostro paese».
Con i nuovi ingressi aumentano le necessità dei siriani, mentre le alte temperature estive e le precarie condizioni igieniche favoriscono il diffondersi di epidemie all’interno dei campi profughi. La Caritas distribuisce viveri, kit per l’igiene, coperte, vestiti, ma «è praticamente impossibile far fronte ai bisogni di così tante persone. Ogni giorno assistiamo a qualcosa di davvero incredibile». Dal mese prossimo rispondere alle esigenze degli sfollati sarà ancora più difficile, visto che per penuria di fondi l’Alto commissariato Onu per i rifugiati dovrà dimezzare gli aiuti alimentari. «Non so immaginare cosa accadrà», enfatizza padre Faddoul.
È difficile censire la presenza cristiana nei campi profughi, perché molti di loro riescono ad affittare piccoli appartamenti o a farsi ospitare da parenti e amici. «Riteniamo che i fedeli giunti dalla Siria siano circa 33mila – afferma il sacerdote – tuttavia è impossibile realizzare un calcolo esatto». I cristiani vivono in tutto il territorio e molti di loro preferiscono non registrarsi presso le nazioni unite, per paura di possibili ritorsioni al termine del conflitto. L’iscrizione al registro dell’Unhcr comporta la schedatura e in molti temono che i propri dati finiscano nelle mani sbagliate. «Noi cerchiamo di convincerli a registrarsi perché solo così possono ricevere assistenza medica, ma finora in pochi hanno accolto il nostro appello».
Padre Faddoul descrive infine i drammatici effetti che l’enorme afflusso di rifugiati – sommato al preesistente mezzo milione di profughi palestinesi – sta avendo sulla sicurezza del Libano. Il tasso di criminalità è più che raddoppiato e gli abitanti di alcuni quartieri di Beirut iniziano a trasferirsi in aree meno pericolose. «Fra un milione e mezzo di rifugiati si nascondono anche guerriglieri e criminali – spiega il presidente di Caritas Libano – basti pensare che, secondo il Ministero dell’interno, il 75-80% dei crimini commessi vede implicati dei siriani. A livello economico, sociale e politico le ripercussioni sulla vita dei libanesi saranno grandissime».
Dal 2011 ad oggi Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato circa un milione e 100mila euro a progetti per i rifugiati e gli sfollati interni siriani.
Roma, 20 settembre 2013
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2012 ha raccolto oltre 90 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.604 progetti in 140 nazioni.