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Lo sguardo del dandy, un pericolo per il cristiano

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Rodolfo Papa - pubblicato il 20/09/13
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E’ giusto affidare la costruzione delle chiese ad “archistar” come Fuksas o Calatrava?
Nel precedente articolo, ho argomentato come lo sguardo del vero cristiano debba sempre essere aperto alla meraviglia, uno sguardo che non sia né cinico né disincantato. Ma il discorso non risulta concluso in questo modo, perché oltre al pericolo di un sguardo morto e disilluso, esiste anche il pericolo, altrettanto negativo se non peggiore, di uno sguardo “estetizzante”: lo sguardo del “dandy”.
 

La visione del mondo della
“nuova religione” oggi più diffusa, ovvero quella
pop-consumista, è già costitutivamente estetizzante ma 
kitsch 
trash, però esiste un suo vertice elitario nel 
dandysmo iper-raffinato dei maestri di pensiero del 
design, della moda, della pubblicità, della fotografia pubblicitaria, del mondo delle “
archistar” e del divismo culturale 
snob, in genere. L’idea di fondo di questa visione riposa su un assunto ideologico malevolo, ovvero sulla convinzione che solo pochi possiedano il dono “divino” del gusto e che i pochi eletti, in quanto “sacerdoti” di questa estrema religione, possano e debbano riordinare il mondo secondo la loro “geniale” “creatività”.

 
Il loro modo di porsi è in genere ambiguo e un po’ contorto. Per esempio, molti di loro si scagliano contro la edificazione delle nuove chiese additandole come brutte, esternando così un giudizio che in verità tutto il popolo di Dio condivide semplicemente perché quegli edifici non rispondono ai parametri linguistici in grado di farli identificare come chiese, ma rispondono semmai ad una logica di compromissione tra mondanità e cattivo gusto. Tuttavia la critica che l’èlite estetizzante muove alle nuove “brutte” chiese non riposa su queste semplici considerazioni, ma si fonda su assunti più pericolosi ancora della inadeguatezza degli edifici. Infatti, la loro idea di fondo è che solo il genio illuminato di una
 archistar, in quanto
“sacerdote” geniale di un’arte “absoluta ovvero slegata da ogni verità di fede, ma legata inscindibilmente alla sola visione del mondo esoterico-liberale, possa sapere cosa si deve realmente fare, dipingere, scolpire, edificare. In questa esoterica prospettiva, i mille architetti impegnati “a fare i compitini” affidati dai committenti non sono ammessi al culto sommo di questa visione estetica, perché secondo questa visione estetizzante essi sanno solo creare confusione e balbettare brutte cose, anche se magari sono docenti universitari o stimati professionisti. Invece, secondo questa “nuova religione” di esteti, per realizzare il nuovo ordine mondiale c’è necessità che i templi siano affidati ad un piccolo gruppo elitario di 
star, osannate solo da critici a loro volta accreditati presso i potenti, ma nemmeno conosciuti dai più. Insomma una cosa che riguarda poche centinaia di persone in tutto il pianeta. Un 
club esclusivissimo! L’idea quindi è che per realizzare una chiesa cattolica è assolutamente necessario chiamare
Mayer, come è accaduto per
Tor Tre Teste a Roma in passato, oppure
Calatrava come si sta per fare oggi. Tutto è preordinato; mentre i fedeli sono impegnati sul fronte della crisi, mentre tutti siamo disorientati dalle chiese costruite negli ultimi decenni, ecco allora che viene proposta
l’assurda soluzione di affidarsi agli esteti, da Fuksas fino a Calatrava.

 
Ma questa visione estetizzante e ristretta ha qualcosa in comune con la bellezza di cui ci hanno parlato i Padri della Chiesa, i Dottori della Chiesa, il Magistero della Chiesa e i nostri amati pontefici? C’è una relazione tra questa idea estetizzante, elitaria, dandystica e la Bellezza che si è fatta carne per tutti gli uomini? Che visione del mondo hanno queste star? Possiamo definirle cattoliche, ovvero universali, oppure sono esoteriche e quindi per pochi, cioè “tribali”? Non è forse questo un sintomo della malattia che ammorba chi non si apre alla verità? Può esistere una cultura cattolica che si vergogni della croce di Cristo, che è modello di ogni agire? Questo è realmente uno dei nodi da sciogliere per definire in maniera chiara la nostra cultura presente e futura, e ridare slancio ad una vera azione evangelizzatrice, capace di portare realmente la bellezza di Cristo nelle periferie del mondo, come ci chiede ogni giorno Papa Francesco. E proprio per onorare la profondità di visione che ci offre quotidianamente il nostro Pontefice, vorrei concludere con una bellissima frase di San Tommaso d’Aquino, ricordando che proprio nei giorni passati Papa Francesco ha onorato i partecipanti alla Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, ricevendoli nella Sala Clementina.

 
«Cristo ha designato se stesso come Via congiunta col termine, avendo in se stesso tutto quanto si possa desiderare, essendo la Verità e la Vita. Se quindi cerchi per dove passare, ricevi Cristo, poiché lui stesso è la Via … Se cerchi dove andare, aderisci a Cristo, dal momento che è lui la Verità alla quale desideriamo pervenire … Se invece cerchi dove stare, aderisci a Cristo: lui è la Vita …. Aderisci, dunque, a Cristo, se vuoi essere sicuro: non potrai deviare, essendo lui la Via» (San Tommaso d’Aquino, 
Super Evangelium S. Ioannis Lectura, cap. 14, lect. III)
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