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La collera e la luce in Siria

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Chiara Santomiero - pubblicato il 19/09/13
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In uscita il libro del gesuita padre Dall’Oglio di cui non si hanno notizie da due mesi
La sua voce non si sente ma le sue parole hanno lo stesso il potere di smuovere le coscienze: "un libro che è innanzi tutto un grido, quello di un uomo, un gesuita consacrato all’amore di Gesù per i musulmani, che ha dedicato 30 anni della sua vita al dialogo islamo-cristiano, senza mai smettere di costruire ponti, e che in pochi mesi ha visto tutto quanto crollare in un orrore senza nome". Così l’Editrice missionaria in Italia presenta il libro "Collera e luce. Un prete nella rivoluzione siriana" di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano sequestrato quasi due mesi fa in Siria e di cui non si hanno notizie certe. Il libro, già pubblicato in Francia nel maggio scorso, esce ora nella edizione italiana e sarà in libreria dal primo ottobre con l’aggiunta della postfazione consegnata a metà luglio da Dall’Oglio prima di partire per una missione di "mediazione" tra i ribelli.

Padre Paolo conosce bene la Siria e il Medio Oriente; da quando è stato espulso dalla Siria non si è stancato di girare e incontrare persone per sensibilizzare l’Occidente distratto sulle speranze di un popolo che ha cercato nella rivolta la possibilità di una libera espressione. Così come non si è stancato di chiedere che la comunità internazionale si mobiliti per far cessare una guerra civile che non solo sta distruggendo la Siria ma rischia di compromettere anche i delicati equilibri di tutta la regione.

Nella sue pagine, riporta Ansamed (18 settembre) la voce del gesuita risuona accorata: «"La paura, la collera, lo scoraggiamento, l’angoscia mi hanno accompagnato. Ho provato inoltre, dopo questi giorni difficili, un bisogno di meditazione, di distanza contemplativa. Ho detto messa quando potevo… ho cercato di custodire una liturgia del cuore, una messa sul mondo, come direbbe Teilhard de Chardin"».

Il gesuita ripercorre la sua storia in Siria, fin dalla prima visita nel 1973 nella quale già aveva riportato «"l’impressione di un popolo sottomesso ad una macchina di propaganda nazionalista possente mobilitata al massimo in senso anti israeliano"». «"Sapevo – afferma Dell’Oglio – che si trattava di una dittatura e non nutrivo illusioni sul rispetto dei diritti dell’uomo in quel paese". Negli anni ’80, «"venni in contatto e a conoscenza dei metodi di sistematica tortura repressiva utilizzati dal Regime. Se volevo restare nel paese dovevo assoggettarmi come tutti. Ma non ero obbligato ad assoggettarmi in coscienza"».

Sono gli anni in cui il gesuita "scopre" i ruderi del Monastero di Mar Musa, fondato nell’XI secolo, e inizia a restaurarlo riunendo intorno a sé una comunità religiosa dedicata al dialogo con l’islamismo. «"Ero perfettamente cosciente che un continuo, silenzioso massacro avveniva nelle carceri, nei lager, nei gulag siriani. Ne avevo ricevuto in diverse occasioni delle testimonianze dirette. In questo spirito, con questi sentimenti contrastanti, eppure con molta speranza ed entusiasmo, ho vissuto nella Siria degli Assad per più di 30 anni", ricorda della sua rifondazione del Monastero di Mar Musa, diventato spazio di dialogo tra fedi, fino all’espulsione un anno fa. "Ho lavorato continuativamente nella prospettiva del successo dei negoziati di pace nella visione di un Medio Oriente riconciliato nella giustizia"» (Ansamed 18 settembre).

Ma in Medio Oriente, in Siria come in Iraq, si continua ad essere travolti dalla brutalità dei conflitti e a morire. «Siccome padre Paolo oggi non è qui con noi – annota Zenit (18 settembre) – il modo migliore di presentare il suo libro è attraverso le sue parole cominciando da quelle che ha scritto in una mail per la scelta della foto di copertina: “
Questa mia foto del bombardamento di Saraqeb alla fine di Febbraio è quella d’una casa dove è morta una mamma e un bambino… pochi minuti prima dello scatto … dice bene la banalità del male … e quanto siano qui le vittime la povera gente del proletariato urbanizzato… il fiore di plastica spampanato serve per introdurci nella casa distrutta dei poveri ed esser ospiti dei loro sentimenti più intimi devastati dalla guerra”».

Padre Paolo non rinuncia a cercare di far comprendere la complessità del contesto medio orientale al di là delle semplificazioni e delle facili soluzioni che l’Occidente propone: «"Ho sempre dichiarato che l’islamismo politico è una grande realtà regionale e che non è immaginabile che si debba rinunciare alla democrazia, ai diritti civili e all’autodeterminazione dei popoli per continuare a sopprimere il programma islamista, sia esso salafita o dei Fratelli musulmani o di gruppi più o meno moderati. Si tratta di un soggetto politico plurale non aggirabile ma tuttavia esposto ad evoluzione, spesso rapida"» (Zenit, 19 settembre).

Il gesuita mette in chiaro anche la sua posizione sulla possibile risoluzione del conflitto: «"È evidente che la guerra è raramente una soluzione e comunque è una soluzione cattiva e claudicante. Tuttavia con l’insegnamento tradizionale della Chiesa dichiaro, nonostante i rischi di equivoci stridenti e di ipocrisie criminali, la legittimità della guerra giusta, il diritto alla difesa armata, il dovere di proteggere i paesi e le popolazioni vittime di aggressioni violente interne e o esterne"».

Ma «"nonostante questo incoraggio e mi impegno per la pratica e il successo delle azioni nonviolente" e "Penso alla non violenza attiva, politica, come ad una trascendenza dei conflitti. Non è essa sempre un’alternativa praticabile di per sé, ma essa è sempre necessaria"». «"Molto più di un correttivo integrativo – conclude Dall’Oglio -, prima durante e dopo i conflitti armati, la non violenza dialoga, testimonia, critica, assiste, apre vie di riconciliazione, va oltre!"» (Zenit, 19 settembre).

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