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“La Siria è in mano ai banditi”

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 10/09/13
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Domenico Quirico racconta la trasformazione della rivoluzione siriana: dalla democrazia al banditismo travestito da radicalismo islamico

Domenico Quirico libero. E' la notizia che è arrivata domenica in serata ed è stata una notizia bene accolta da tutti, con sollievo. E' tornato l'inviato de La Stampa dopo cinque mesi di prigionia in Siria. E' tornato stanco, smagrito, ma non ha perso la sua voglia di raccontare il mondo, di raccontare quello che ha visto e sentito. In un lungo articolo di oggi (10 settembre) sul quotidiano diretto da Mario Calabresi (che per primo ha dato la notizia del rilascio e del rimpatrio via twitter) in cui narra cinque mesi al centro del dramma siriano. 
 
La frase che più di tutte ha colpito chi ha ascoltato le prime dichiarazioni appena sceso dall'aereo a Ciampino è quella con cui ha squarciato il velo sulla reale situazione in Siria, lui che quella nazione e quel conflitto lo conosce bene per averlo osservato da inviato per molto tempo: “Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può darsi che questa mi abbia tradito. Questa non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un'altra cosa”.
 
Cosa sia diventata lo dice, come è giusto, attraverso un lungo resoconto su quanto vissuto: dietro al paravento dell'islamismo bande armate di signorotti che taglieggiano le popolazioni locali in un fenomeno di puro banditismo simile a quanto accade in Somalia. E l'Occidente – per qualche ragione – si fida di loro. 
 
Quirico racconta del trattamento disumano a cui lui e Pierre Piccinin, il ricercatore belga con cui ha condiviso la prigionia, sono stati sottoposti: privati di tutto, tenuti rinchiusi e legati, minacciati, umiliati, senza mangiare e bere. Rari i momenti di umanità o di pietà. Paradossalmente solo quando sono stati – per un breve periodo – in mano ai qaedisti, hanno potuto trovare un po' di umanità: “per una settimana siamo stati affidati ad una brigata di Jabat Al Nusra, l'Al Qaeda siriana. È stato l'unico momento in cui siamo stati trattati come esseri umani, per certi aspetti persino con simpatia: ad esempio ci hanno dato da mangiare le stesse cose che mangiavano loro. I qaedisti in guerra fanno una vita molto ascetica e sono dei guerrieri radicali, islamisti fanatici che si propongono di costruire uno stato islamico in Siria e poi in tutto il Medio Oriente, ma nei confronti dei loro nemici – perché noi, cristiani, occidentali, siamo loro nemici – hanno un senso di onore e di rispetto. Al Nusra è nell'elenco delle organizzazioni terroristiche degli americani ma sono gli unici che ci hanno rispettato. Poi siamo tornati nelle mani di Abu Omar”.

Per il resto al loro ritorno con il loro carceriere, l'emiro Abu Omar ecco che “Ci tenevano come animali, costretti in piccole stanze con le finestre chiuse nonostante il terribile caldo, gettati su dei pagliericci, ci davano da mangiare i resti dei loro pasti. Nella mia vita, nel mondo occidentale, non ho mai provato cos'è l'umiliazione quotidiana nelle cose semplici come il non poter andare alla toilette, il dover chiedere tutto e sentirsi sempre dire no. Credo che c'era una soddisfazione evidente in loro nel vedere l'occidentale ricco ridotto come un mendicante, come un povero”. Ma erano merce di scambio e sono rimasti vivi.

 
La Siria è questo, un territorio frammentato in parte sotto il controllo del regime di Assad, in parte sottoposto all'arbitrio di questi signorotti che con la forza delle armi e della paura taglieggiano le città. La rivoluzione per un regime democratico, sembra finita e l'egemonia di questi gruppi e di quelli legati ad Al Qaeda su quelli rivoluzionari sembra definitiva. Su questo concorda anche un altro reporter di guerra come Toni Capuozzo che oggi sul Sussidiario (10 settembre) racconta quello che ha visto in Siria: “Avevamo ascoltato una parte dei ribelli, quelli che fanno parte della rivolta popolare, contro il regime e qualche rappresentante del regime stesso. Si comprendeva che ormai la Siria stava diventando un territorio frammentato, dove si sta facendo largo una partita esplosiva sotto la bandiera del fondamentalismo islamico. Chi rappresenta un autentico 'vaso di coccio' in quella situazione sono i cristiani, quelli che stanno maggiormente soffrendo”.
 
Una situazione delicata, che non vede una soluzione immediata, ma che ora – grazie anche alla mediazione della Russia di Putin – potrebbe aprire uno spiraglio da cui far passare una qualche forma di pace, quella pace tanto invocata da Papa Francesco.
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