Olivier Rey, docente di filosofia all’Università Panthéon-Sorbonne di Parigi, ha presentato al Meeting di Rimini il suo libro “Itinerari dello smarrimento”di Francesco Brignoli
«La scienza moderna è nata come un modo per amare Dio, basta uno sguardo alla storia per rendersene conto». A dirlo non è un anziano sacerdote, e nemmeno un illustre teologo, ma un distinto professore francese di neanche cinquant’anni. Si tratta di Olivier Rey, che ieri ha presentato l’edizione italiana del suo libro “Itinerari dello smarrimento. E se la scienza fosse una grande impresa metafisica?” (Ares), assieme alla traduttrice Flora Crescini. Di formazione matematico, oggi docente di filosofia all’Università Panthéon-Sorbonne di Parigi, Rey è portatore di un pensiero estremamente controcorrente rispetto a quello di tanti suoi colleghi “di grido”. Il Quotidiano Meeting lo ha intervistato subito prima del suo incontro. «Il mio libro non è diretto contro la scienza, ma contro il posto che essa ha preso nella società moderna».
Si spieghi.
Nel testo parlo dello smarrimento che ha vissuto e vive la scienza moderna: quello che le rimprovero non è il suo metodo, e nemmeno i suoi utilissimi risultati, ma il credere che essa dica tutta la verità di un oggetto. La scienza non è più vera di
quello di cui si può avere esperienza attraverso un metodo non scientifico.
Quale dovrebbe essere allora il ruolo della scienza?
La filosofa Simone Weil racconta un esempio a mio vedere illuminante su questo: se ti dicessi che una donna a te sconosciuta, in un paese che non conosci, avesse tradito suo marito, ti fornirei un’informazione esatta, ma che ti lascerebbe indifferente. Ma se ti mostrassi che fosse la tua donna ad averti tradito… ti metterei in contatto in modo brutale con la verità, perché l’informazione adesso concerne ciò che ami.
L’esempio è chiaro…
La scienza moderna taglia il legame affettivo che si può avere con la realtà. Questo fa sì che si possono avere delle conoscenze esatte, non delle verità. Il problema sorge dunque quando alle conoscenze esatte della scienza viene dato lo statuto di
verità.
Ma la scienza non può essere una strada per entrare in rapporto proprio con la verità?
La verità è nel rapporto con Dio e con le persone che ci stanno attorno. La conoscenza esatta può avere in quest’ottica un grande valore, nella misura in cui attraverso di essa conosco la creatura divina. In epoca moderna si è avuta la tendenza ad
opporre scienza e religione, ma la scienza si è sviluppata – parafrasando san Tommaso – come modo per rendere giustizia alla creazione.
E del resto questo è avvenuto nel mondo europeo…
Esatto: guardando la storia si vede come la scienza sia nata come modo per amare Dio, mentre lo “smarrimento” di cui parlo nel libro è dovuto al considerare la scienza un modo per detestare Dio. Un esempio storico che si potrebbe ricordare è il caso di Darwin, che prima di elaborare la teoria dell’evoluzione aveva studiato per diventare pastore. Questi studi non gli hanno impedito di svolgere le sue ricerche, ma anzi di volgere in maniera feconda lo sguardo all’uomo e alla natura.
Come può cambiare la nostra mentalità?
Nasciamo e cresciamo in un mondo dominato da questa visione. Il filosofo Leo Strauss afferma che «la spina dorsale della civiltà moderna è la scienza moderna». È solo la vita che mi ha insegnato che abbiamo bisogno di un’altra spina dorsale.