Vittoria Prisciandaro racconta l’impegno nel dialogo islamo-cristiano del sacerdote scomparso in Siria di cui non si hanno ancora notizie«Non abbiamo ancora notizie certe. Né per quanto riguarda un sequestro né altro: abbiamo attivato tutti i canali e attendiamo qualche risposta in giornata». Lo ha detto il ministro degli Esteri, Emma Bonino, rispondendo a Radio Anch'io in merito a padre Paolo dell'Oglio, il gesuita scomparso da giorni in Siria. E' questo l'ultimo aggiornamento di una vicenda che sta continuando a porre interrogativi di cui nessuno, al momento, pare conoscere la risposta. Aleteia ne ha parlato con Vittoria Prisciandaro, giornalista del mensile Jesus che ha avuto modo di conoscere da vicino l'attività di padre Dall'Oglio.
Da quanto tempo conosci p. Dall'Oglio e quale è stata l'ultima volta che lo hai sentito?
Prisciandaro: Ho conosciuto padre Paolo nell'aprile del 2003. Avevo letto una sua relazione sul dialogo interreligioso, in particolare su islam e cristianesimo, in un bollettino della Compagnia di Gesù. Mi aveva colpito il suo punto di vista, originale nel tentativo di un dialogo anche teologico con l'islam, a partire dalla condivisione e dall'incontro della vita. Così mi sono documentata sul personaggio, ho approfondito l'esperienza del monastero di mar Musa e ho proposto al giornale, Jesus, di organizzare un reportage sui cristiani in Siria, con un'attenzione particolare all'esperienza di Dall'Oglio. Mi sono fermata al monastero di Mar Musa un po' di giorni, ho parlato a lungo con padre Paolo, che mi ha fatto conoscere diverse comunità, e le esperienze di dialogo avviate. Da quel momento ci siamo tenuti in contatto. L'ultima volta che l'ho intervistato a lungo è stata dopo la sua espulsione, un anno fa. E l'ho incrociato in varie conferenze stampa che ha tenuto in questi mesi.
Qual è il nucleo del suo impegno trentennale in Siria?
Prisciandaro: La prima volta che lo incontrai, Paolo mi spiegò che contemplazione, lavoro manuale e ospitalità erano le tre priorità che ricevette nell’82, quando trascorse tra le rovine dell'antico eremo dieci giorni di esercizi spirituali. “Sentii – mi disse – che la contemplazione era la priorità apostolica assoluta, da vivere nel linguaggio spirituale del cristianesimo orientale e dell’islam”. Il monastero di Mar Musa è infatti vicino alla grande famiglia di Charles de Foucauld e guarda con grande attenzione al pensiero dell’islamologo cristiano Louis Massignon. La vocazione specifica che Dall'Oglio pensa di avere è “testimoniare la relazione speciale all’amore di Gesù per i musulmani”. Padre Paolo ha più volte parlato di una Chiesa islamo-cristiana. “Come esiste quella giudeo-cristiana centrata su Sara, così a partire dai simboli biblici prolungati dalla meditazione coranica musulmana, c’è la possibilità di vedere prefigurata la Chiesa nella linea di Agar e Ismaele”, mi ha detto quando l'ho incontrato. Inoltre per Mar Musa privilegiare l’attività agricola e quella artigianale per mantenersi significava uscire dalla logica del profitto, radicarsi su un territorio, contrastare la migrazione dei cristiani, esercitare quindi una responsabilità sociale ma anche ecologica.
Quale attività ha svolto dopo la sua espulsione?
Prisciandaro: Era stato minacciato di espulsione per la prima volta nel mese di novembre 2011 ma era riuscito a restare mantenendo un “basso profilo”, evitando dichiarazioni pubbliche contrarie al regime, pur non interrompendo la sua attività a favore della pace e la sua denuncia delle violenze, come testimonia la lettera aperta del 23 maggio a Kofi Annan, inviato speciale dell’Onu in Siria. Poi la partenza, in obbedienza alle autorità ecclesiastiche del Paese, cui il governo si era rivolto. Lui ha sempre dichiarato di andare in giro per il mondo a raccontare le speranze “dei giovani siriani, che chiedono libertà e democrazia”. Il suo appoggio ai ribelli sin dal primo momento è stato deciso. Paolo ha scelto chiaramente da quale parte stare, in una situazione molto complessa. Scrivendo, negli ultimi mesi, cose che non condivido e che in questi giorni hanno creato anche grande dibattito sul web. Spero di poterlo rivedere al più presto e di potermi confrontare con lui di persona. Sul rischio di un'islamizzazione del paese ha sempre detto: “Più si stagna in questa fase, più la si prolunga in modo insopportabile, più si dà spazio ai gruppi islamici più estremisti”. Al di là dell'impegno civile va ricordato che padre Paolo ha iniziato una nuova avventura in Iraq, nell’eparchia caldea di Kirkuk, a Sulemaniya, dove nella chiesa dedicata alla Vergine Maria è nata una nuova comunità monastica della stessa confederazione di Mar Musa, intitolata ad Al Khalil, “Abramo, l’amico di Dio”.
Come considerava le critiche che gli venivano rivolte di eccessiva politicizzazione?
Prisciandaro: In questi mesi di guerra, Paolo ha più volte detto: “Mi accusano di fare politica. Non pretendo di conoscere tutto, ma ci sono dei fatti che vanno raccontati". Il punto è che qui c’è un’emergenza umanitaria, la gente è arrestata, torturata, imprigionata, le persone sono vittime di violenza di Stato e di repressione sistematica, le città vengono bombardate, distrutte, abbiamo milioni di sfollati, fuori o all’interno del paese, per non dire della guerra civile, nelle zone in cui si sono confrontati direttamente gli alauiti sciiti e i sunniti, e i cristiani sono coinvolti o ci vanno di mezzo. Questo movimento di massa, che all’inizio era di emancipazione civile, poi si è presto colorato islamicamente. E questo è naturale che avvenga laddove la maggioranza delle persone mantiene l’elemento dell’appartenenza religiosa islamica come decisivo per la propria autocoscienza e identità.
Hai notizia dei suoi ultimi spostamenti prima della notizia del rapimento?
Prisciandaro: No. Dopo l'uscita della notizia della Reuters ho chiamato alcuni amici comuni che hanno un po' preso le distanze dalla notizia del rapimento. Qualcuno, come poi si è saputo in questi giorni, mi ha detto che Paolo aveva mandato alcune mail private dicendo che a causa di una missione nel nord dell'Iraq non sarebbe stato raggiungibile per alcuni giorni. I video diffusi in questi giorni dai ribelli andrebbero in questa direzione. Ma cosa sia successo in realtà, se si tratti di mediazione per la liberazione di alcuni ostaggi o di altro non si sa.