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La teologia della liberazione vive una nuova stagione?

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Chiara Santomiero - pubblicato il 25/07/13
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Nei giorni della Gmg di Rio si torna a parlare della teologia che voleva porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano
«Il movimento ecclesiale e teologico dell’America Latina, noto come “teologia della liberazione”, che dopo il Vaticano II ha trovato un’eco mondiale, è da annoverare, a mio giudizio, tra le correnti più significative della teologia cattolica del XX secolo». Il giudizio appartiene a Gerhard Ludwig Müller, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Giustamente Vatican Insider (23 giugno) sottolineava il rilievo di un commento che arriva dallo stesso dicastero che «negli anni Ottanta, su impulso del Papa polacco e sotto la guida dell’allora cardinale Ratzinger,  intervenne con ben due istruzioni per segnalare le deviazioni pastorali e dottrinali che pure incombevano sui cammini imboccati dalle teologie latino-americane».

E se le affermazioni di Müller, amico più che ventennale del teologo peruviano Gustavo Gutierrez, padre nobile della teologia della liberazione, arrivano in concomitanza con la pubblicazione in Italia della raccolta di saggi a quattro mani “Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa” (Edizioni Messaggero Padova/Emi), sono in molti a pensare che con «l’avvento del primo Papa latinoamericano emerge con più forza la chance di guardare a quegli anni e a quelle esperienze senza essere condizionati dai furori polemici di allora».

Non a caso “Papa Francesco realizza la teologia della liberazione” titola Zenit (30 marzo) un articolo di padre Piero Gheddo del Pime mentre Francesco Peloso su Linkiesta (26 giugno) commenta con “Teologia della liberazione, Francesco ricuce la ferita” lo sblocco della causa di beatificazione di mons. Oscar Romero, assassinato nel 1980 in Salvador per il suo impegno accanto ai poveri.

Secondo Müller, sottolinea Vatican Insider (23 giugno) «la Tdl ha espresso nel contesto reale dell’America Latina degli ultimi decenni l’orientamento a Gesù Cristo redentore e liberatore che segna ogni teologia autenticamente cristiana, proprio a partire dalla riaffermata predilezione evangelica per i poveri. “In quel Continente – riconosce Müller – la povertà opprime bambini, vecchi, malati”, inducendo molti a “considerare la morte come una via d’uscita”. Già al suo primo apparire, la Tdl “costringeva” le teologie elaborate altrove a non fare astrazione delle condizioni reali di vita dei popoli e dei singoli. E riconosceva nei poveri la “carne stessa di Cristo”, come adesso ripete Papa Francesco».

Nei giorni della Gmg di Rio Vatican Insider (25 luglio) torna sulla teologia della liberazione puntando l’attenzione sul libretto dedicato ai giovani “Apostoli del Brasile” realizzato dai giornalisti Fazzini e Bernardelli (per Emi). La TdL tendeva, come sottolinea nella prefazione il teologo e monaco Marcelo Barros  “a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano”. «La nascita del movimento – ricorda Vatican Insider – risale alla conferenza episcopale latinoamericana (Celam) svoltasi nel 1968 a Medellín, in Colombia, allorché i rappresentanti della gerarchia ecclesiastica del subcontinente presero posizione in favore dei gruppi più diseredati della società latinoamericana e della loro lotta e si pronunciarono per una Chiesa popolare e socialmente attiva. La denominazione divenne universale dopo la pubblicazione del saggio del sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, Teologia della liberazione (1971). Il diffondersi in quasi tutto il subcontinente, durante gli anni settanta, di dittature militari o di regimi pesantemente repressivi, fu sovente causa di acute frizioni fra ampi settori della Chiesa e i poteri costituiti e incentivò l’impegno dei teologi della liberazione che vennero elaborando proposte sempre più radicali per far fronte all’aggravarsi della crisi politica e sociale». Il libro di Fazzini e Bernardelli vuole essere un omaggio agli interpreti di «questa prospettiva che unisce la preghiera alla carità attiva e liberante» tra i quali monsignor Helder Camara, arcivescovo di Recife, Pedro Casaldaliga, i religiosi Frei Betto e Pedro Casaldaliga, l’angelo dei poveri la beata Irma Dulce, il missionario Ezechiele Ramin e i martiri sindacalisti Luciano Mendes de Almeida a Margarida Maria Alves.

Convinto di un “ritorno” della teologia della liberazione anche il quotidiano Europa (25 luglio) per il quale «da qualche tempo la teologia della liberazione vive una seconda vita» anche per l’elezione a sorpresa del latinoamericano Bergoglio. Di questa reviviscenza, secondo Europa, «può stupirsi chi ha visto nella teologia della liberazione soltanto un’ideologia, e non una delle esperienze più importanti di recezione del concilio Vaticano II. Molto è cambiato da quello scenario culturale e politico, ma è difficile negare che la teologia della liberazione abbia fecondato la Chiesa in molte direzioni (geografiche e intellettuali) più di molta teologia liberal-individualista o radical-progressista». Lo stesso linguaggio di papa Francesco deriva da una teologia spirituale profonda, ma anche «da un clima teologico e culturale in cui “teologia della liberazione” significava molte cose (…): liberazione sociale, eguaglianza e dignità dei lavoratori, indipendenza nazionale, rigetto del classismo e del razzismo, ansia di modernità».

La teologia della liberazione, secondo il quotidiano non tornerà sulla scena com’era, ma  «quelle questioni sono ancora parte del vissuto del popolo cristiano di oggi». Per questo motivo «sarebbe ingenuo attendersi risposte che prescindano da un capitolo fondamentale della storia della teologia cattolica contemporanea».

 

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