Le parole di Francesco a Lampedusa hanno riaperto la questione politica sulle tematiche dell’immigrazione irregolare, ma anche sul dovere dell’accoglienzaLa visita del papa a Lampedusa e la sua omelia nella quale ha stigmatizzato le innumerevoli morti dei tanti immigrati che attraversano il Mediterraneo ogni anno ed ha puntato il dito contro un modello di società che – accecata dalla mera ricerca della ricchezza – ha dimenticato la dimensione umana delle relazioni. Parole importanti che però hanno provocato reazioni molto aspre nel mondo politico, e molti commenti anche sui social network.
Ad aprire il fuoco della polemica è l'esponente del Pdl Fabrizio Cicchitto che ha polemizzato con il Santo Padre: "Ieri il pontefice ha sviluppato una riflessione di alto profilo su uno dei più grandi drammi del mondo contemporaneo, l'immigrazione", riconosce l'esponente del Pdl, sottolineando però che "un conto è la predicazione religiosa, altro conto però è la gestione da parte dello Stato di un fenomeno così difficile, complesso e anche insidioso, per di più segnato dall'intervento di gruppi criminali, qual è l'immigrazione irregolare che proprio a Lampedusa ha, per ciò che riguarda l'Italia, uno snodo fondamentale” (Repubblica, 9 luglio)
Gli ha fatto eco il suo compagno di partito, e vice presidente del Senato Maurizio Gasparri: “Condivido totalmente, da cattolico, il pensiero del 'laico' Cicchitto. Nelle parole del papa a Lampedusa c'è tutta l'umanità e la forza di un cristiano, di un evangelizzatore. Ma la gestione dell'emergenza, la tutela dell'ordine pubblico e soprattutto azioni chiare perché non ci siano più morti nel Mediterraneo spetta allo Stato italiano e alla comunità internazionale". Che specifica poi come la strumentalizzazione delle parole del papa, avvenga a “singhiozzo”: "Chi oggi si scandalizza per le parole di Cicchitto è lo stesso che sui temi della vita, della famiglia, ha idee del tutto opposte a quelle della stragrande maggioranza dei cattolici. E sui quali pretenderebbe un intervento legislativo dello Stato. Un modo veramente schizofrenico di sfruttare a piacimento le posizioni del papa solo quando fanno comodo" (Huffington Post, 9 luglio).
Tuttavia, per chi in coerenza col magistero della Chiesa, si è sempre battuto per un alleggerimento delle leggi sul reato di immigrazione clandestina come il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, le parole del papa non possono che indurre ad una riflessione del legislatore su questo argomento: “Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Dopo la testimonianza di papa Francesco a Lampedusa per ricordare ai fedeli e alla società globale il dramma del fenomeno migratorio connesso alla fuga dalla miseria e dalla guerra, occorre prendere decisioni. Prima fra tutte abolire il reato di clandestinità” (Famiglia Cristiana, 9 luglio).
Anche Roberto Saviano – sul proprio profilo Facebook – ha accusato con chiarezza il mondo politico a cause delle scelte sull'immigrazione degli ultimi anni: “Il papa, il capo di uno Stato straniero, ha il coraggio sul suolo italiano di chiedere scusa per i ventimila morti causati dalle politiche sull'immigrazione. Politiche criminali e criminogene. La stupidità del governo di quegli anni è ben attestata dell'imbarazzo – utile solo a salvare le apparenze – dei giornali di centrodestra. Del resto nessuno riesce a fare i conti con un crimine contro l'umanità tanto grande, neanche quella parte di sinistra (che oggi tace su questo) che appoggiò il trattato firmato dal governo con Gheddafi. Forse un giorno Berlusconi, capo di quel governo, e Maroni, attuale presidente della regione Lombardia, dovranno rispondere davanti all'autorità giudiziaria internazionale di quei crimini, di quelle migliaia di morti. Frutto di stupidità e calcolo elettorale. Del nulla profondo di cui sono intrisi”.
Ma è il professore ed editorialista del Corriere della Sera, #Alberto Melloni, che confida anche a noi in un tweet, quello che forse è la sintesi più forte sulla questione dell'immigrazione: “Un papa argentino insegna all'Europa la parola desaparecidos”.
Ma qual è l'orientamento della Chiesa verso i migranti e quale atteggiamento consiglia al legislatore? Papa Benedetto XVI nel Messaggio per la “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato” del 2013, ha voluto richiamare l'ovvia responsabilità della politica nel regolare gli imponenti flussi migratori del mondo contemporaneo, fenomeno che è figlio dell'instabilità politica, civile e socio-economica di molte terre da cui originano i flussi, ma ha anche voluto ribadire che tali leggi devono essere ispirate da uno spirito di accoglienza: “A tale proposito, non possiamo dimenticare la questione dell’immigrazione irregolare, tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini. Tali misfatti vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere, all’inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all’adozione di misure che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici. […] Alle adeguate normative deve essere associata una paziente e costante opera di formazione della mentalità e delle coscienze. In tutto ciò è importante rafforzare e sviluppare i rapporti di intesa e di cooperazione tra realtà ecclesiali e istituzionali che sono a servizio dello sviluppo integrale della persona umana. Nella visione cristiana, l’impegno sociale e umanitario trae forza dalla fedeltà al Vangelo, con la consapevolezza che 'chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo'”.