Nel 2012 sono calati bruscamente i consumi ed è salita ancora la pressione fiscale. Anche le famiglie si indebitano di più: un ulteriore allarme? L’estate è tempo di bilanci, per le imprese, ma anche per Stato e famiglie. Tirando la riga, la parola chiave sembra “debito”. Anche se la probabilità del crac, del “default”, non è per tutti la stessa.
Conquistata una certa flessibilità sui conti da parte dell’Unione europea, il peso del debito pubblico italiano sul Prodotto interno lordo (Pil) viaggia comunque veloce verso il 130%. Anche per questo il Governo, come scrive Enrico Marro (Corriere della Sera, 7 luglio) su spinta del Pdl, starebbe pensando a un “intervento choc per abbattere il debito pubblico, arrivato in aprile alla cifra monstre di 2.041,3 miliardi di euro”. Si tratterebbe di “400 miliardi di debito da tagliare” in cui “215-235 miliardi” deriverebbero dalla vendita di “una porzione di beni patrimoniali e diritti dello Stato” a favore di “una società di diritto privato di nuova costituzione”.
Sul fronte delle imprese, si naviga ancora un po’ a vista ancora in attesa (entro il 2013?) della liquidazione dei crediti maturati verso Pubblica amministrazione ed Enti locali. Nel frattempo, come ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nel caso delle imprese “il crac non si fa più per i debiti ma per mancato incasso dei crediti” (La Stampa, 8 luglio).
All’insegna del debito anche i conti delle famiglie. Secondo un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia (Associazioni artigiani piccole imprese) di Mestre, “dall’inizio della crisi al 31/12/2012 l’indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto di 134 miliardi, pari a un aumento percentuale del 36,5”, anche se nell’ultimo anno è in calo. Su questo calo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi ritiene sia probabile che, a fronte del permanere dell’incertezza economica “molte famiglie abbiano deciso di saldare i propri creditori a scapito dei risparmi e dei consumi”. Secondo la ricerca “l’indebitamento medio delle famiglie italiane è di 19.387 euro”. Sebbene in assoluto si concentri nelle regioni e, probabilmente, presso le famiglie relativamente più ricche, per la Cgia, tuttavia, si sta facendo strada un fenomeno “molto pericoloso”. Secondo Bortolussi, infatti, “la maggiore incidenza del debito sul reddito la riscontriamo nelle famiglie economicamente più deboli”; con il pericolo poi che, fuori dai non molto prodighi canali finanziari ufficiali “la piaga dell’usura si diffonda a macchia d’olio”.
Resta pur vero che, dando un rapido sguardo alle serie storiche dell’Ocse, le famiglie italiane restano in media quelle con il minor rapporto tra debito e reddito disponibile e con la maggiore ricchezza netta tra i principali paesi sviluppati. Per esempio, solo pochi giorni fa per la prima volta la virtuosa Danimarca – il cui “debito pubblico è pari a meno della metà della media della zona euro” ossia “intorno al 45% del Pil” per il 2013 – ha riconosciuto l’allarme lanciato proprio dall’Ocse sul debito delle famiglie danesi che “devono alle banche addirittura il 310% del loro reddito disponibile (dati riferiti al 2010)”, ossia 3 volte il proprio reddito (Il Sole 24 Ore, 26 giugno).
Per farsi un’idea d’insieme dello stato di salute delle famiglie italiane, bisogna però tenere in conto il calo dei consumi (nel 2012, -2,8%, “la contrazione più forte dal 1997”), con un picco sugli alimentari; e l’effetto della pressione fiscale, nel 2012 è arrivata al 44%, In realtà, “al netto del sommerso”, il dato diventa 53% e “per le piccole e medie imprese addirittura 68,3%” (Il Sole 24 Ore, 6 luglio). “Condividiamo la grande attenzione che il Governo sta mostrando verso il tema dell’occupazione giovanile” ha detto Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, ma “ci preoccupa che la pressione fiscale verso le famiglie rimanga elevata” specie quelle “con più figli, che sono obbligate a consumare”. Tanto più che “ora col nuovo Governo, la famiglia è nuovamente sparita dalla discussione” (Agensir, 4 luglio).