A 100 giorni dall’inizio del pontificato, le omelie a S. Marta delineano l’identikit di chi vive secondo il Vangelo e… il suo oppostoIl "cattivo cristiano"? E' quello che ha il "cuore stanco". papa Francesco sollecita e scuote nel "piccolo magistero" di Santa Marta che in cento giorni è diventato l'appuntamento più atteso dai media e la "novità" del pontificato del papa "venuto dalla fine del mondo". E' un compendio e un sussidio di catechesi semplice basato sulle letture feriali, ma che ha la potenza di mettere ogni giorno i cristiani allo specchio della propria fede, un metodo per valutarla alla luce della Parola di Dio. Sono un buon cristiano o un cattivo cristiano? Il confronto è a portata di mouse, perché la sintesi di queste omelie si rintraccia in rete, che ogni giorno rilancia le cronache della Radio Vaticana e dell'Osservatore Romano. Adesso ci sarà una pausa, perché il piccolo magistero di Santa Marta va "in vacanza" e forse così potrà trovare un po' di “sollievo” la cattiva coscienza del cristiano sollecitata ogni giorno a specchiarsi nelle parole di Francesco per valutare quanto sia vicino il suo profilo a quello disegnato dalle Beatitudini, trovandosi generalmente in difetto. Dall’8 luglio prossimo termineranno le Messe celebrate al mattino dal papa a S. Marta insieme ai gruppi di dipendenti vaticani che di volta in volta si alternano. Papa Francesco, ovviamente, continuerà a celebrare la Messa del mattino, come ha precisato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ma “non con la formula adottata fino ad adesso”. Di conseguenza “termineranno anche le pubblicazioni delle omelie da parte della Radio Vaticana”.
Ecco qui di seguito una sintesi della "coscienza buona" sollecitata dal papa negli scorsi giorni. Vale la pena di rifletterci adesso: dopo il tempo della sollecitazione viene quello del silenzio e degli interrogativi.
Attenti alla stanchezza del cuore
“«Tanta gente, anche noi, siamo inquieti ― ha detto il pontefice ― per avere o per arrivare a qualcosa. E alla fine il nostro cuore si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore». È quella che il papa ha definito con immagine efficace «la stanchezza del cuore. Pensiamo: io cosa ho? un cuore stanco, che vuol soltanto sistemarsi con tre o quattro cose, con un bel conto in banca? O ho un cuore inquieto, che sempre più cerca le cose del Signore?»” (21 giugno).
Pregare senza troppe parole e senza suoni di tromba
“Per pregare – ha detto in sostanza il pontefice – non c’è bisogno di far rumore né di credere che sia meglio spendere tante parole. Non ci si deve affidare al rumore, al rumore della mondanità individuato da Gesù nel «far suonare la tromba» o in «quel farsi vedere il giorno del digiuno». Per pregare, ha ripetuto, non c’è bisogno del rumore della vanità: Gesù ha detto che questo è un comportamento proprio dei pagani” (20 giugno).
Se siamo fratelli, occorre perdonarsi
Se preghiamo il Padre “nostro” occorre riconoscersi come fratelli ed è qui che entra in gioco il perdono. “Ma «è tanto difficile perdonare gli altri» – ha ripetuto il Santo Padre -; è difficile davvero, perché noi portiamo sempre dentro il rammarico per quello che ci hanno fatto, per il torto subito. Non si può pregare conservando nel cuore astio per i nemici” (20 giugno).
Non parlate male degli altri
Anche la collera e l’insulto possono nuocere grandemente all’altro. “In pratica, – ha spiegato il papa – l’insulto è un modo per sminuire l’altro. Infatti «non c’è bisogno di andare dallo psicologo per sapere che quando uno sminuisce l’altro è perché non può crescere, ha bisogno che l’altro vada più in basso per sentirsi qualcuno. Sono meccanismi brutti». Al contrario, ha ricordato il papa, Gesù con tutta semplicità dice: «Non parlate male degli altri, non sminuitevi, non squalificatevi. In fondo tutti stiamo procedendo per lo stesso cammino»”. (13 giugno)
Smascherare gli idoli nascosti
“Per papa Francesco è lo spirito del mondo che ci porta all’idolatria e lo fa con furbizia. «Io sono sicuro ― ha detto ― che nessuno di noi va davanti a un albero per adorarlo come un idolo»; che «nessuno di noi ha statue da adorare in casa propria». Ma, ha messo in guardia, «l’idolatria è sottile; noi abbiamo i nostri idoli nascosti, e la strada della vita per arrivare, per non essere lontani dal Regno di Dio, è una strada che comporta scoprire gli idoli nascosti». Ed è un compito impegnativo, visto che spesso li teniamo «ben nascosti» (6 giugno).
La difficile abitudine di lasciarsi amare da Dio
«Può sembrare un’eresia ma è la verità più grande: più difficile che amare Dio è lasciarci amare da lui! È questo il modo per ridare a lui tanto amore: aprire il cuore e lasciarci amare. Lasciare che lui si faccia vicino a noi, e sentirlo vicino. Lasciare che lui si faccia tenero, ci accarezzi». Questo, ha concluso, «è tanto difficile: lasciarci amare da lui. E questo è forse quello che dobbiamo chiedere oggi nella messa: Signore io voglio amarti ma insegnami la difficile scienza, la difficile abitudine di lasciarmi amare da te, di sentirti vicino e di sentirti tenero»” (8 giugno).