Il 22 giugno una fiaccolata “immagina” il ritorno a casa che la giovane 15enne romana non ha mai fatto. Con una tappa a San PietroUscì sbattendo la porta di casa quel pomeriggio del 22 giugno 1983 per andare alla sua lezione di musica vicino alla chiesa di S. Apollinare. Quella porta, Emanuela Orlandi, 15enne figlia di un dipendente della Santa Sede, non l’ha mai più aperta. “Quel giorno” ricorda il fratello Pietro, all’epoca 24enne “litigai con Emanuela perché voleva che la accompagnassi ma io avevo un impegno”. Sono passati 30 anni dalla sua sparizione e Pietro Orlandi ha organizzato una fiaccolata che seguirà il percorso che Emanuela avrebbe dovuto compiere per rientrare a casa. Forse non ci saranno tutti i 150 mila e più che hanno sottoscritto la sua petizione per chiedere “giustizia e verità”; comunque si fermeranno per una preghiera anche in piazza San Pietro. Pietro Orlandi si aspetta che papa Francesco si unisca alla preghiera e consegni “alla magistratura le bobine delle trattativa tra la Santa Sede e i rapitori” perché i familiari della scomparsa ritengono il Vaticano ancora “sotto ricatto” (Vatican Insider, 16 giugno).
La Santa Sede ha più volte ribadito di aver offerto la massima collaborazione agli inquirenti italiani nel corso degli anni. In una lunga e dettagliata nota, il 14 aprile 2012, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, confermò l’esistenza di “una linea telefonica particolare” in dotazione all’allora segretario di Stato, cardinal Casaroli, per la trattativa a cui fa riferimento la richiesta degli Orlandi. Ma Lombardi in quell’occasione affermò anche con decisione che “non risulta che sia stato nascosto nulla, né che vi siano in Vaticano ‘segreti’ da rivelare sul tema” e che “tutto il materiale pervenuto in Vaticano è stato consegnato, a suo tempo, al P.M. inquirente e alle Autorità di Polizia”. Infine, padre Lombardi ricordò l’inchiesta interna svolta dal “Tribunale Vaticano”, i cui “fascicoli esistono tuttora e continuano a essere a disposizione degli inquirenti” (Il Sismografo, 14 aprile 2012).
È pur vero che, a quella data, non era ancora esploso con tutte le sue implicazioni il cosiddetto caso “Vatileaks”; il rapporto della commissione d’inchiesta sugli scandali della Curia sarebbe arrivato sul tavolo del pontefice solo alcuni mesi dopo; e la rinuncia di papa Benedetto XVI era ancora solo un’ipotesi azzardata da pochissime voci isolate.
L’aspettativa di Pietro e di tutta la famiglia Orlandi in effetti è legata a un gesto straordinario di papa Francesco, per altro in una situazione del tutto inedita. Pochi giorni dopo la sua elezione, il 17 marzo scorso, al termine di una messa nella Chiesa di Sant’Anna situata all’interno del Vaticano “il pontefice s’intrattenne per qualche minuto” con la famiglia Orlandi che era presente alla celebrazione insieme a tante altre persone. È arrivato così quel “gesto di compassione e di dialogo” che – nonostante gli 8 interventi pubblici di Giovanni Paolo II nei giorni e nei mesi subito successivi alla scomparsa della giovane – dicevano di attendere da 30 anni. “Nell’occasione Pietro riferì di aver avuto buone sensazioni” e di ritenere che “Francesco avrebbe potuto aiutarlo ad accertare la verità”. Poi però, non è riuscito a ottenere un’udienza privata; e recentemente ha dato “una versione in base alla quale il papa avrebbe detto in riferimento ad Emanuela: «Lei sta in cielo»”. L’affermazione attribuita a papa Francesco non è stata smentita: sembra un invito a prendere atto della realtà delle cose, anche dell’impossibilità della Santa Sede di ottenere ed offrire ulteriori elementi di chiarezza (Linkiesta.it, 9 giugno).
Il caso di Emanuela Orlandi sembra un compendio di tutte le ombre che si allungano sulla tanto attesa riforma della Curia: scandali finanziari, rapporti inconfessabili con la malavita organizzata, abusi sessuali e lotte di potere. Trent’anni di inchieste e probabili depistaggi, mitomani e super-testimoni e anche una decina di libri, tra cui una graphic novel appena presentata. Una tipica vicenda italiana, prima che vaticana.