L’andamento dell’arte è una linea mista irregolare, corrispondente ad un andamento vitale, fatto di innovazioni e continuità
Il fatto stesso che molte delle esperienze artistiche del Novecento siano irrimediabilmente alle nostre spalle obbliga alla riflessione, al fine non solo di comprendere le dinamiche delle varie fasi di sviluppo, ma anche per verificare se quel che è stato promesso nel secolo scorso si sia effettivamente realizzato. È necessario studiare quali risultati estetici e quali effetti sociologici siano conseguiti da alcune esperienze artistiche che hanno dominato il panorama mediatico negli anni Sessanta e Settanta. È interessante, per esempio, verificare quale relazione intercorra tra il “consumismo di massa” ed alcune esperienze artistiche degli anni Sessanta, e quali rapporti queste abbiano intrapreso con il mondo della pubblicità. La riflessione sul Novecento apre insomma un capitolo importante per ridefinire il campo dell’arte in generale e di ciascuna delle arti, e in particolare stimola la riflessione sul rapporto tra le arti e il contesto nel quale nascono e di cui si nutrono, direttamente o indirettamente.
Caravaggio, hanno ottenuto un successo sorprendente. Questo apre la questione teoretica di che cosa sia contemporaneo nell’arte, fa riflettere sulla storicizzazione dei grandi artisti del passato, ma soprattutto testimonia un amore, mai morto, per l’arte della pittura nel senso tradizionale e proprio del termine.
idea di progresso. Da una parte occorrerebbe evitare di identificare ogni progresso con una tipologia evoluzionista, secondo la quale quello che viene dopo supera e migliora quello che è venuto prima. Dall’altra occorrerebbe anche evitare di porre ogni artista ed ogni opera sullo stesso piano, cadendo nell’acriticità e nell’avalutatività. Peraltro in quest’ultimo difetto cade paradossalmente Gombrich, proprio analizzando l’arte secondo l’idea di progresso, nel suo noto testo
Arte e progresso del 1971.
l’andamento dell’arte non è una linea retta, che implicherebbe un costante progresso, e neanche una sinusoide, che implicherebbe cicli obbligati di crisi e di sviluppo,
ma piuttosto una linea mista irregolare, corrispondente ad un andamento vitale, fatto di innovazioni e continuità. Ogni reale innovazione, infatti, poggia sulla tradizione: come scrisse
papa Stefano I “
nihil innovetur nisi quod traditum est. ”
Dovremmo guardare anche alla storia dell’arte, nella prospettiva dell’“ermeneutica del rinnovamento nella continuità” applicato da
Benedetto XVI alle interpretazioni del Concilio. La crescita dell’arte implica una appropriazione della tradizione passata e un rinnovamento, entrambi compiuti in prima persona. Tutti i grandi artisti hanno sempre consigliato di apprendere dai maestri del passato, prima di compiere le proprie innovazioni. Si comincia ad imparare copiando le grandi opere e poi, imparato il linguaggio, si comincia a parlare e a inventare nuove parole. Basti guardare al rapporto di continuità e superamento vissuto da
Caravaggio nei confronti di
Michelangelo, la cui pittura viene rivissuta e risemantizzata con rispetto e con audacia.
Leonardo affermava “
tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro”, collocando l’arte in un rapporto di continuità tra allievo e maestro, in modo che chi impara cerchi di fare meglio di chi insegna.
L’arte, dunque, come ogni ambito propriamente “umanistico”, cioè volto alla promozione dell’humanum, cresce in maniera non meccanica e non patisce l’ossessione di rincorrere l’accumulazione delle novità, quanto piuttosto è volto alla ricerca del fare meglio e del migliorare se stessi. Non è fuori luogo, dunque, concludere con una riflessione sulla educazione, proposta da Benedetto XVI nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione del 21 gennaio 2008: «A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale».