Il caso di Carolina, la quattordicenne novarese morta suicida, è tornato nuovamente alla ribalta. La pedagogista Maria Grazia Lombardi spiega come difendersi e come reagireIl bullismo e il cyberbullismo sono una piaga sociale che colpisce specialmente i teenager, con conseguenze a volte letali, che sfociano addirittura nel suicidio. Non ultimo il caso di Carolina, la quattordicenne novarese che si è tolta la vita il 5 gennaio scorso perché umiliata sul web. Momenti di vita intima, insulti e molto altro una volta finiti in Rete diventano per le vittime un problema così grande e ingestibile, da indurli a gesti estremi.
Per questo Aleteia ha intervistato la dott.ssa Maria Grazia Lombardi, pedagogista e dottore di ricerca all’Università degli Studi di Salerno.
Quali possono essere le risorse a disposizione dei giovani, per imparare a difendersi da questi atti di violenza sia fisica che psicologica?
Lombardi: C'è un primo livello che riguarda l’educazione al dialogo. I ragazzi devono essere abituati a esternare quello che provano e laddove subiscono delle intimidazioni o delle situazioni che in qualche modo mettono a rischio la loro socializzazione, la loro sfera relazionale, devono avere la possibilità di chiedere aiuto. E questo processo deve partire dai bambini piccoli, a cui dobbiamo insegnare a comunicare, ad esprimere il loro mondo interiore, sin dalla tenera età.
Un altro elemento è quello di invitare i ragazzi a trovare una persona di riferimento, un adulto di cui si fidano, qualcuno da informare e a cui poter chiedere aiuto, non necessariamente un genitore, meglio un insegnante o un amico. Ed è importante parlare prima che la situazione sfugga di mano.
E’ importante anche lavorare sull'autostima dei ragazzi, ma non quando sono già vittime del bullismo, perchè lavorare sull’autostima è un percorso lungo, che richiede anni.
Quali strategie adottare, quando si capisce che si sta diventando oggetto di bullismo sia nella vita reale che nel web?
Lombardi: In ogni caso, i ragazzi devono imparare a non avere paura di dichiarare il proprio disagio e ad affidarsi a centri e a professionisti specializzati, che lavorano in questi ambiti. Inoltre, è importante contare sull’aiuto e il coinvolgimento dei professori. Parlare è la parola chiave.
Cosa consigliare a un ragazzo/a che è già diventato/a oggetto di bullismo?
Lombardi: Non isolarsi. L’unico modo che possiamo consigliare ai nostri ragazzi per interrompere la catena del bullismo (dal bullo, alla vittima a chi assiste al fenomeno di bullismo), è inserire un elemento quarto, un adulto, esterno, che possa interrompere questa spirale distruttiva.
In che modo dovrebbero reagire la famiglia, gli amici e in generale la società?
Lombardi: Gli adolescenti, anche se hanno difficltà a parlare, comunque inviano dei segnali forti agli adulti. Alcuni indicatori di un loro disagio interiore possono essere: una chiusura eccessiva, un calo negli studi, mancanza di appetito, una frase esageratamente triste scritta sul proprio blog… E comunque un genitore assiste a un cambiamento. Se un adolescente dall’oggi al domani assume atteggiamenti che non aveva assunto in precedenza, l’adulto ne deve tenere conto e stare in allerta.
La famiglia e in generale gli adulti dovrebbero cercare di cogliere questi segnali di difficoltà degli adolescenti, e invogliarli a parlare, ad uscire dal proprio dolore, per cercare di instaurare un’alleanza educativa. Il “ti puoi fidare di me” è il primo tassello per poter costruire un nuovo percorso, per trovare una via d’uscita.
Il sostegno che si offre, però non può essere giudicante, ma piuttosto un sostegno che significhi ascolto, che porti poi ad attivare un processo di recupero, con una rete di professionisti.
A livello preventivo, quali strategie consigliare?
Lombardi: Invitiamo i nostri ragazzi a utilizzare i social network come strumento di supporto alla socializzazione e non per la socializzazione. Questo significa per esempio su Facebook di accettare tra i propri amici solo persone che si conoscono, non condividere immagini con tutti, non inserire sulla Rete tutta la nostra vita sociale, ma condividendone solo alcuni aspetti, e sicuramente mai quelli intimi.