4000 casi in Italia, l’ultimo quello del vicedirettore del Tgr Rai Paolo Petruccioli. L’analisi del dott. Gianluigi ConteIl 7 maggio, il vicedirettore della testata giornalistica regionale della Rai, Paolo Petruccioli, si è suicidato, lanciandosi da una finestra del quarto piano degli uffici Rai di Borgo Sant'Angelo a Roma. Un atto estremo, che in Italia riguarda circa 4.000 persone ogni anno.
Il suicidio è un fenomeno silenzioso che tratteggia un disagio e un'infelicità latente nella vita di molta gente. Ne abbiamo parlato con il dott. Gianluigi Conte, responsabile del day hospital del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Cosa succede nella mente di una persona "normale" tanto da spingerla al suicidio?
Conte: Abbiamo una concezione della normalità molto idealistica, perché normalmente le persone non stanno bene. In realtà noi della mente umana conosciamo quello che le persone ci vengono a dire. Ci sono persone discretamente sane e persone evidentemente malate che si riconoscono facilmente. Ci sono poi persone che riescono a vivere una vita soddisfacente agli occhi del pubblico e molto meno soddisfacente ai loro occhi, perché hanno delle angosce, dei traumi, delle esperienze pregresse che sono in grado di contenere almeno agli occhi degli altri. Ma, queste persone sono quelle che quando danno luogo a qualche gesto estremo, questo dramma appare incomprensibile. Il dramma di colui che riesce a compiere il suicidio è che non si può dire cosa avesse nella mente prima di suicidarsi. Si parla genericamente di “suicidio”, ma non “di quella specifica persona che si suicida”.
Come capire e quindi intervenire in modo preventivo su questo atto estremo, quando ci si trova di fronte a persone in apparenza serene?
Conte: Se capiamo qualche cosa significa che la persona non è in grado di fronteggiare le sue angosce e in questo caso il disagio diventa evidente e gli altri si rendono conto che c’è qualcosa che non va. La cosa drammatica è che sono proprio le persone con delle “capacità” che non fanno travisare quello che hanno al loro interno. Quindi la persona che ha delle capacità, quando arriva a momenti di “rottura”, non ha spazi intermedi e la tragedia avviene. Il discorso potrebbe essere rivoltato, perché chi sta accanto a chiunque dovrebbe avere la capacità di cogliere dei minimi segni di disagio, che però sono spesso ambigui. Il suicidio è un gesto estremo, ma anche nella nostra cultura non è considerato sede di malattia. Basti pensare alle diverse nature del suicidio: ci sono suicidi estremi come quelli dei kamikaze o eroici di chi ha dato la propria vita per salvare la patria… Ogni cultura ha i propri eroi che si sono immolati per il bene degli altri. Anche nella nostra cultura non è un atto totalmente legato ad una patologia.
Quali sono le cause maggiori di suicidio?
Conte: Il suicidio si accompagna alla depressione, ma oltre a questo, il soggetto deve avere il coraggio di mettere in pratica questo gesto estremo. Nel momento in cui c'è una crisi, questa impone una ristrutturazione dello stato mentale della persona e maggiore è la gravità della crisi, maggiore deve essere la capacità di adattamento.
Qual è l'età che riguarda maggiormente questo fenomeno?
Conte: Essenzialmente il suicidio avviene in particolari fasce d'età: nell'età adulta perché il soggetto è meno flessibile, ha meno capacità di adattamento a nuove situazioni; e nell’età adolescenziale perché è maggiore l'irruenza rispetto alla capacità di gestione e analisi delle situazioni di dolore e quindi maggiori sono i rischi suicidari.
Qual è il ruolo della società di fronte alla perdita di una dimensione esistenziale valoriale?
Conte: I valori sono importanti. Ci sono delle costruzioni culturali che sono strutture di riferimento per la vita delle persone e la perdita dei valori incide fortemente, di fronte a una crisi. La crisi valoriale è dovuta anche ad una incapacità dei singoli di non aderire a valori riconoscibili. Uno strumento per far fronte alla crisi è il confronto con altri: la famiglia, la comunità…il terapeuta.