Il ricordo di Flavia Nardelli, segretaria generale dell’Istituto “Luigi Sturzo” di Roma, e di Mario Barone, curatore legale dell’archivio dell’ex presidenteE' la notizia che conclude un'epoca della politica italiana. Con la morte di Giulio Andreotti viene meno uno dei protagonisti della storia del Paese. Fin dalla ricostruzione, Andreotti era nel Governo, al fianco di Alcide De Gasperi. E poi ininterrottamente in Parlamento e in ruoli chiave come presidente del Consiglio o ministro degli Esteri.
A un passo dal Quirinale nel 1992 profetizzò: “O eleggete me oppure finisce la Prima Repubblica”. Fu di parola. Nel 2007 decise di chiudere – di fatto – la propria attività politica e affidare il proprio patrimonio di documenti all'Istituto “Luigi Sturzo” di Roma. Una mole di documenti, ben 3500 faldoni che la segretaria generale dell'Istituto, l'onorevole Flavia Nardelli, custodisce con cura ed ha iniziato a digitalizzare.
Ci racconta il suo punto di vista sul “Divo Giulio”, come molti lo definivano.
Flavia Nardelli: "Sono convinta che questa sia davvero la fine della Prima Repubblica. Da molto tempo era sofferente non solo fisicamente, ma anche del fatto di non poter partecipare alla vita politica di questi tempi, chi lo conosceva e gli stava vicino lo sa: era un fatto di grande pena per lui. Noi dell'Istituto Sturzo eravamo molto legati a lui. Ci affidò nel 2007 questo patrimonio che era il suo ufficio di documentazione privata. Una mole impressionante di documentazione e di memorie. Consideri che normalmente anche personaggi di una certa caratura non hanno una documentazione personale che comprende più di 400, massimo 600 faldoni. Il suo archivio ne conteneva 3500".
Cosa c'è nell'archivio?
Flavia Nardelli: "Ci sono appunti e considerazioni sulla sua attività politica, chi pensa di trovarci oscuri segreti rimane deluso, ma per gli studiosi è una miniera d'oro di informazioni non solo su Andreotti, ma in generale sulla politica italiana, in particolare quella estera che occupa la maggior parte di questo archivio che fu lui ad organizzare personalmente. Il secondo ambito più curato sono le sue riflessioni ed osservazioni sul Vaticano, segno dell'importanza della Santa Sede per l'Italia, per Roma, e per i rapporti internazionali che essa detiene. Solo una parte minoritaria riguarda la Democrazia Cristiana. Lui è stato sicuramente molto più un uomo di Stato che non di partito".
Curatore per il senatore Andreotti dell'archivio, l'avvocato Mario Barone, amico di sempre dell'ex presidente, che lo conobbe nel 1945 quando lui, giovanissimo ufficiale di marina iscritto alla Fuci, venne mandato a Roma per prendere possesso degli uffici del Ministero della Difesa. Fu col suo arrivo a Roma dalla Sicilia che conobbe il giovane assistente di De Gasperi. Insieme a “Il Popolo”, storico quotidiano democristiano. Ricorda come “lui si buttò subito in politica, io presi altre strade, liberi da altri condizionamenti rimanemmo amici”. All'amico di gioventù (e al senatore Nicola Signorello) Andreotti affida la cura e la custodia dell'archivio.
Avvocato Barone che tipo era Giulio Andreotti?
Mario Barone: Insieme ai politici Emanuele Macaluso e Marco Follini ed altri ho scritto un libro in cui cercavo di dipanare il “Mistero Andreotti”. Non ci sono riuscito (ride al telefono). Era un uomo molto semplice nei modi di fare. Non so se in lui prevalesse lo spirito cattolico – per cui era l'uomo del Vaticano nelle istituzioni italiane – oppure (come diceva Scelba) se in lui prevalesse il senso dello Stato. Tuttavia la sua riservatezza non era essere alieno dalla vita mondana, ma si concedeva poche passioni come le carte – il Gin in particolare – e le corse dei cavalli. Per il resto la sua vita è la vita pubblica dove ha ricoperto tutti i ruoli chiave di questo Paese. Ricordo che non aveva passione per l'economia ma ne intuiva i problemi. Resta l'alone di mistero, ma resta anche un uomo generoso che non ha mai approfittato della sua posizione nemmeno per aiutare i suoi quattro figli.
Non ci saranno i funerali di Stato.
Mario Barone: Lui andava tutte le mattine in chiesa per la messa. Non li ha voluti perché era estraneo a quel tipo di farse, di riti, in cui si va per farsi vedere. Non lo interessavano e non credo abbia voluto dare occasioni di ipocrisie ad altri…