A Bergamo l’Anno della fede nel segno del papa buono
«Pronto? Parla Papa Francesco». Nel pomeriggio del lunedì di Pasqua è toccato a mons. Loris Capovilla, nel suo studio a Camaitino di Sotto il Monte (Bg), ricevere una telefonata a sorpresa da Bergoglio, il quale ha voluto ringraziare personalmente il segretario di Giovanni XXIII per avergli inviato, attraverso il cardinale Comastri, un pieghevole per l’Anno della fede, dedicato alla «Pasqua di Risurrezione nella luce del Concilio Vaticano II» con la dicitura «Con papa Francesco celebriamo il cinquantesimo di Pacem in Terris, 11 aprile 2013, e del transito di Giovanni XXIII 3 giugno 2013».
Nella diocesi di Bergamo, l’Anno della fede e l’anniversario del Concilio Vaticano II sarà scandito da alcune tappe legate alla memoria del beato “di casa” Giovanni XXIII, ma che vengono proposte, tuttavia, all’attenzione di tutta la Chiesa, come spiega ad Aleteia il direttore della Fondazione “Papa Giovanni XXIII”, don Ezio Bolis.
Anno della fede e Giovanni XXIII: in che modo la Fondazione curerà questo binomio?
Bolis: Il vescovo, mons. Francesco Beschi, ha voluto dare il via all’Anno della fede, proprio a Sotto il Monte, il paese natale di Giovanni XXIII, ricordando il papa beato e l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II da lui voluto. Alla Fondazione il vescovo ha affidato il compito di coordinare alcune iniziative ecclesiali – come il pellegrinaggio diocesano a Roma in occasione dell’Anno della fede – insieme ad alcuni eventi legati alla figura di papa Giovanni che si pongono accanto al lavoro di approfondimento e di promozione della conoscenza di una figura troppo sbrigativamente racchiusa nella definizione di “papa buono” e di cui anche molti esperti teologi o conoscitori di storia della Chiesa ignorano la ricchezza spirituale e teologica.
Quali iniziative sono previste?
Bolis: In occasione dell’anniversario della pubblicazione dell’enciclica Pacem in Terris, l’11 aprile del 1963, verrà ripubblicato uno dei dieci esemplari autografati da Giovanni XXIII che verrà dato a tutti i partecipanti del convegno che si svolgerà nei giorni successivi. Il 12 e il 13 aprile, infatti, è previsto a Bergamo, nel 50° anniversario della morte di papa Giovanni XXIII e dell’elezione di papa Paolo VI, il convegno “Giovanni XXIII e Paolo VI: I Papi del Vaticano II” promosso in collaborazione con l’Istituto Paolo VI di Brescia e patrocinato dalla Conferenza episcopale italiana. L’obiettivo è mettere a confronto i contributi dei due papi al Concilio, da cui emergeranno sicuramente molti elementi comuni pur nella diversità degli stili. Sono in programma interventi di studiosi di rilevanza internazionale tra i quali quelli dei cardinali Paul Poupard e Walter Kasper, il quale ha annunciato una relazione di grande spessore con una ricognizione di quanto è stato recepito e quanto invece “tradito” del Concilio Vaticano II, il cui recepimento è ancora da portare a compimento.
La Fondazione ha inoltre in programma la pubblicazione a breve di una serie di testi, tra i quali scritti inediti di Giovanni XXIII nel periodo in cui era nunzio apostolico in Bulgaria; un libro di ricordi di mons. Capovilla; una raccolta di 100 lettere inedite inviate da numerose personalità a mons. Capovilla nei giorni dell’agonia e della morte di Giovanni XXIII. Si tratta di lettere di politici italiani come Fanfani e Andreotti ma anche di Montini, allora cardinale a Milano e di personalità internazionali come frere Roger della comunità di Taizè, che riflettono bene la grande popolarità di Giovanni XXIII in tutto il mondo e anche tra i non credenti.
Quale importanza ha riproporre la Pacem in Terris a 50 anni dalla sua pubblicazione?
Bolis: E’ un testo che si comprende meglio ora di cinquant’anni fa con il suo sguardo profetico su un mondo che allora si avviava verso la globalizzazione. Giovanni XXIII scriveva che nessun Paese da solo può tutelare la pace o evitare la guerra perché siamo tutti strettamente interconnessi: oggi siamo consapevoli che è proprio così. L’intreccio internazionale dei problemi e delle soluzioni è ciò che oggi abbiamo imparato a chiamare “globalizzazione”. Certo il contesto è profondamente mutato – non esistono più i due blocchi e non si parla più di “guerra fredda” – ma le sfide che propone la Pacem in Terris restano: a partire dal fatto che non si può parlare di pace senza sviluppo e quindi senza giustizia. Tutti temi ripresi in seguito da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
E’ vero che c’è una somiglianza tra Francesco e Giovanni XXIII?
Bolis: Ci sono senz’altro delle analogie tra i due papi nei modi e nello stile, credo sia prematuro affermare che vi siano anche nel magistero. Entrambi sono caratterizzati da un linguaggio accessibile e popolare, nell’accezione “alta” di questo termine. Entrambi si distinguono per un parlare attraverso i segni: Giovanni XXIII all’inizio del suo pontificato si recò a visitare i detenuti di Regina Coeli e i piccoli ricoverati dell’Ospedale Bambino Gesù, gesti che destarono un grandissimo stupore come avviene adesso per la lavanda dei piedi del Giovedì santo che Francesco ha voluto celebrare con i ragazzi detenuti a Casal del Marmo.
E’ possibile che papa Francesco venga a Sotto il Monte per celebrare la memoria del suo predecessore?
Bolis: La diocesi aveva invitato in precedenza papa Benedetto: non so se l’invito sarà raccolto da papa Francesco ma non mi stupirei se lo facesse. Ogni giorno ci riserva una sorpresa…