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Il “capolista” africano: il cardinale Peter Turkson

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padre Antonio Spadaro - pubblicato il 08/03/13
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Un papa africano potrebbe davvero rievangelizzare Europa e Nordamerica
All’ultimo Conclave, il principale pretendente africano era il cardinale nigeriano Francis Arinze. Ora, a 80 anni, è troppo anziano per essere preso seriamente in considerazione, il che rende il cardinale ghanese Peter Turkson il candidato africano più verosimilmente papabile.

Peter Kodow Appiah Turkson ha 64 anni. È nato nel Ghana Occidentale da una madre metodista che vendeva verdura al mercato locale e da un padre cattolico che lavorava come carpentiere.

Dopo essersi formato al seminario locale, ha proseguito gli studi al St. Anthony-on-Hudson Seminary di New York e presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. È diventato arcivescovo di Cape Coast, in Ghana, nel 1992, e in seguito è stato presidente della Conferenza Episcopale nazionale ed ha giocato un ruolo attivo nel Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar. È stato creato cardinale da papa Giovanni Paolo II nel 2003.

Nel 2009 è stato scelto per guidare il Sinodo dei vescovi sull’Africa in Vaticano, e alla fine di quell’appuntamento è stato nominato presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. All’interno della Curia, è anche membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Fa inoltre parte del Comitato per i Congressi Eucaristici, della Congregazione per l’Educazione Cattolica e della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il cardinale Turkson è stato descritto dal settimanale londinese “The Tablet” come uno dei più energici leader cattolici africani. È un uomo accattivante dai modi franchi ed è dotato di un grande senso dell’umorismo. Comunica in modo abile e aperto con i media – al punto da essere accusato di aver portato avanti una campagna per il pontificato per averne fatto menzione con un giornalista durante una intervista.

Turkson ha un solido background a livello di governo diocesano ed ha accumulato una buona esperienza in Curia durante il suo soggiorno a Roma. È esente da scandali e ha una forte posizione conservatrice circa le questioni dottrinali e morali, che sostiene con intelligenza, chiarezza e buonumore.

Come sarebbe un pontificato di Turkson? In primo luogo, e cosa più importante di tutte, sposterebbe immediatamente il centro dell’attenzione ecclesiale dall’Europa e dal mondo sviluppato. L’attenzione si distoglierebbe dalle ossessioni occidentali come gli scandali sessuali, le travagliate vicende finanziarie e le lotte interne vaticane. Se con Giovanni Paolo II il mondo guardava alla Polonia e all’Europa Orientale, i cattolici inizierebbero subito a fare più attenzione alle necessità e ai punti di forza dell’Africa e dei Paesi in via di sviluppo.

Allo stesso tempo, un papato del cardinale coglierebbe alla sprovvista tutti i critici della Chiesa dei media occidentali. Quanti si ritrovano senza un “centro” potrebbero essere istintivamente attratti dall’idea di un papa africano, ma rimarrebbero anche sgomenti scoprendo il suo forte ancoraggio ai valori cattolici ortodossi.

Turkson darebbe alla Chiesa un nuovo volto e un nuovo messaggio, ricordando al mondo che le preoccupazioni del continente africano sono quelle dei giovani, e quindi quelle del mondo di domani. Guardando al futuro, Turkson sosterebbe anche in modo fermo le posizioni della Chiesa sulla moralità e la dottrina sessuale.

C’è anche la possibilità che apporti una dimensione fresca e vivace all’adorazione liturgica, importando o almeno permettendo i dinamici stili africani di adorazione, predicazione e lode perché trovino il loro posto nelle correnti principali. Sfiderebbe inoltre le idee economiche del mondo sviluppato.

Per questo, Turkson è considerato da alcuni economicamente troppo di sinistra. Nel 2011, il suo Consiglio ha diffuso un documento intitolato “Per una riforma del sistema finanziario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale”, che ha propugnato una vera autorità politica mondiale per regolare un’economia globalizzata. Per i conservatori che diffidano di un unico governo mondiale e di un unico sistema economico globale, il suggerimento è bizzarro e allarmante.

Con un zio musulmano, infine, e il conflitto tra islam e cristianesimo sempre in fermento in Africa, Turkson porterebbe il problema africano in cima alle preoccupazioni della Chiesa.

Un papa africano come il cardinale Turkson significherebbe uno spostamento rivoluzionario del centro di gravità ecclesiale. Sarebbe un pontificato di giovinezza, dinamismo e speranza, e di ritorno ai principi e alle priorità fondamentali della Chiesa: la proclamazione del Vangelo a un mondo bisognoso.

In questo modo, ironicamente, un papa africano potrebbe far di più per rievangelizzare l’Europa e il Nordamerica che un papa proveniente da un Paese sviluppato. Il drammatico cambiamento a livello di consapevolezza e rinnovamento delle priorità potrebbe risvegliare il mondo occidentale, sazio di materialismo, confuso dal relativismo e disperato nella sua decadenza e autoreferenzialità.

Una scelta di questo tipo significherebbe per i cardinali elettori assumere un grande rischio e donare al mondo una sorpresa scioccante, ma se la storia del pontificato ci ha insegnato qualcosa è che si tratta di un’istituzione piena di sorprese.

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