L’Italia tra il rischio di stallo politico e l’ingovernabilitàA un giorno dalla chiusura delle elezioni i titoli altisonanti che campeggiano sui giornali nostrani e non solo si dividono tra i trionfalismi legati alla “clamorosa rimonta” del Pdl, passando per lo stupore legato ai “record delle astensioni” e al “voto choc”, fino ai toni più preoccupati sullo scenario futuro di “ingovernabilità”, “rottura”, “deriva antieuropea” e “antipolitica”. A bocce (quasi) ferme, uno solo tra tutti è il giudizio condiviso: il partito di Grillo si è abbattuto come un'onda incontrollabile facendo piazza pulita.
E le cifre parlano chiaro: al Senato il Movimento 5 Stelle ha incassato il 23,8% delle preferenze (54 seggi), come terzo partito, mentre a Montecitorio con il 25,5% delle preferenze si è aggiudicato ben 108 seggi, divenendo così a buon diritto il primo partito alla Camera. Tirando un po' le somme, la coalizione di Centrosinistra ha ottenuto, invece, il 31,6% delle preferenze al Senato (112 seggi) e il 29,54% alla Camera (340 deputati). Bene anche il Centrodestra che ha guadagnato una quantità di voti superiore alle attese attestandosi al Senato sul 30,7% delle preferenze (116 seggi), mentre alla Camera ha conquistato il 29,18% (124 seggi). Un po' meno bene la Lista Monti che al Senato guadagna il 9,1% delle preferenze (18 seggi) e alla Camera arriva al 10,56% (45 seggi).
Tra gli esclusi eccellenti dal Parlamento, fermati dalla soglia di sbarramento, il presidente della Camera uscente, Gianfranco Fini, che si era presentato con il Fli, Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, Fare di Oscar Giannino e Antonio Di Pietro con l'Italia dei Valori.
Secondo “L'Osservatore Romano” “il risultato peggiore che molti paventavano (…) alla fine si è materializzato” e quella che esce dalle urne è “un’Italia da riformare”. Dalle pagine del quotidiano della Santa Sede, Marco Bellizi traccia gli scenari futuri tra alleanze ed equilibri da inventare inquadrando la vittoria di Grillo nel “vuoto” di una sinistra che in questi anni è riuscita a coalizzarsi solo attorno all’antiberlusconismo: “Tuttavia l’esigenza di partecipazione diretta espressa dai suoi elettori è un elemento di cui sarebbe saggio tenere conto. Magari liberando il Paese da una legge elettorale che lo paralizza”, commenta (L'Osservatore Romano, 27 febbraio).
Per il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, il risultato elettorale è “un grande messaggio, un serio messaggio per il mondo della politica su cui bisognerà che i responsabili, quindi gli interessati più diretti, riflettano seriamente e, inoltre mi pare che si esprima una grande voglia di partecipazione da parte della gente" (Avvenire, 26 febbraio).
Per il direttore del quotidiano “Avvenire”, Marco Tarquinio, quello che si profila è “un Parlamento claudicante e come sospeso tra passato e futuro, cioè sull’orlo di una vertigine e di un’impotenza. Eppure è adesso che bisogna riuscire a dare un governo efficace e rispettabile al Paese, anche solo per un tempo dato e, inevitabilmente, con obiettivi ben individuati, condivisi in modo largo e lucidamente 'difensivi' – ci si perdoni l’immagine un po’ retorica, ma frutto di accorato realismo – del superiore interesse del Paese” (Avvenire, 26 febbraio)
Secondo il prof. Francesco Bonini alla luce di questa cruda istantanea sui “sentimenti dei cittadini, tra vecchie appartenenze, smarrimento, crisi economica e istanze di forte cambiamento”, occorre innanzitutto “mettersi al lavoro sul percorso istituzionale, con l’elezione dei presidenti delle due Camere. Ripartire dalle istituzioni può essere un buon riferimento, perché costringe alla convergenza. E, persino, a esercitarsi nella ragionevolezza politica”. Di qui poi "la necessità, senza ideologismi, di affrontare le tre emergenze che sono sotto gli occhi di tutti, quella del lavoro, quella istituzionale e quella del rafforzamento del tessuto etico e della famiglia” (Agenzia Sir, 26 febbraio).
Per Paolo Bustaffa, invece, occorre riportare al centro del dibattito politico il tema dell'Europa in vista soprattuto del voto del 2014, un appuntamento che invita a “un colpo di reni della politica e delle istituzioni per non portare l’Europa, e con lei i singoli Paesi europei, fuori dalla storia. Si tratta di una responsabilità verso il futuro quella che anche il nostro Paese sarà chiamato a esprimere […] in risposta soprattutto alle attese delle nuove generazioni alle quali non è onesto consegnare una “casa comune” disabitata dalla solidarietà” (Agenzia Sir, 26 febbraio).