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Perché la Chiesa non ha capito che l’umanità ha superato il concetto di peccato?

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padre Angelo Bellon, o.p. - pubblicato il 02/01/13
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Nella nostra epoca segnata dall’individualismo, perché la Chiesa non parla di qualcosa di buono e positivo?

1. Se la Chiesa parlasse solo di peccati e della loro classificazione indubbiamente farebbe del moralismo puro. Questo sarebbe inaccettabile anzitutto per i credenti stessi. La Chiesa invece continua a proporre l’obiettivo al quale ogni uomo è chiamato, pena il fallimento della propria esistenza. Questo obiettivo è la santità. Potrei dire che dalle pagine stesse dei calendari che sotto il numero del giorno menzionano il santo di cui si celebra la memoria o la festa emerge questa chiamata o vocazione alla santità.

2. La santità poi non si identifica con una vaga perfezione morale, che tante persone di buona volontà possono in qualche modo raggiungere, ma nel possedere gli stessi sentimenti di Cristo. E più precisamente ancora consiste nel possedere dentro di sé la presenza del Signore, nell’amare con la sua stessa lunghezza d’onda.

3. Bene e male per un cristiano si definiscono innanzitutto in rapporto alla presenza del Signore nella nostra vita mediante la grazia. È bene ciò che porta questa presenza, la custodisce e la incrementa. È male ciò che la ostacola e la fa perdere. Di questa presenza ha parlato esplicitamente il Signore quando ha detto: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

4. Chi non tiene presente questo obiettivo e soprattutto chi non lo vive, facilmente prende l’insegnamento della Chiesa come un insieme di divieti, di regole, di dogmi che priverebbero l’uomo della propria libertà. Ma è proprio questa che si perde quando si compie un peccato. Il Signore ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi compie il peccato, è schiavo del peccato” (Gv 8,34). Il peccato causa una dipendenza e impedisce di volare in alto, di unirsi al Signore. S. Tommaso commenta: “Per prima cosa il Signore ricorre a un reiterato giuramento: ‘Amen, amen – in verità, in verità vi dico’. Amen è un termine ebraico che significa in verità, oppure così sia. Come nota S. Agostino, né i traduttori greci, né quelli latini hanno osato tradurlo, per conservargli il fascino del segreto… Dunque il Signore ricorre qui a una specie di giuramento; e lo ripete due volte, per mostrare la certezza della propria affermazione… La schiavitù del peccato è pesantissima… perché lo schiavo di un uomo può trovare scampo dal suo padrone con la fuga, ma lo schiavo del peccato trascina con sé il peccato dovunque egli fugga. Infatti il peccato che ha commesso è dentro di lui” (S. TOMMASO, Commento a S. Giovanni, 1203).

5. La Chiesa tuttavia non si limita ad esporre ciò che ostacola la presenza santificante del Signore nella nostra vita. Un esempio dei contenuti di quanto di positivo la Chiesa annunzia lo si può trovare nel Catechismo della Chiesa cattolica, che è solo una sintesi della sua dottrina e di cui il minimo che si possa dire è che non si tratta di un’esposizione di ciò che è peccato e delle sue varie classificazioni.

6. Ma per poter comprendere i contenuti del Vangelo e conseguentemente della dottrina della Chiesa è necessario un minimo di purezza interiore e una certa predisposizione ad accoglierli. Il Signore ha detto di alcuni che “pur vedendo non vedono e pur sentendo non intendono” (Mt 13,13). E può capitare che il cuore di qualcuno diventi insensibile e che la sua mente sia come un occhio cieco: per quanta luce gli si faccia brillare dinanzi, non riesce a cogliere nessun colore, nessuna bellezza (cf. Mt 13,14-15).

7. Per tornare alla domanda iniziale “perché la Chiesa non ha capito che l'umanità ha superato il concetto di peccato?” devo dire che la Chiesa ha capito molto bene perché alcuni hanno perso il senso del peccato. Il senso del peccato è intimamente legato ad una particolare esperienza: la presenza personale di Dio nel nostro cuore, l’unione con Lui e con gli eventi della vita di Gesù. Chi vive quest’esperienza capisce subito che cosa significhino quelle parole che si leggono nella Sacra Scrittura: “Chi pecca, danneggia se stesso” (Sir 19,4). Sebbene anche gli uomini di buona volontà, senza vivere ancora direttamente quest’esperienza che è di ordine soprannaturale, possano comprendere attraverso il dettame della coscienza ciò che è bene e ciò che è male.

 

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