Al 72° posto nella classifica mondiale dei Paesi più colpiti da questa piaga
Nonostante i costanti appelli a un rinnovato impegno per modernizzare il Paese sulle basi della legalità, in calo anche denunce e condanne.
72° posto: questa la posizione dell'Italia nel rapporto annuale dell'associazione non governativa e no profit “Trasparency International”, che applica l'indice di percezione della corruzione prendendo in considerazione più di 180 Paesi. Nel 2011 l'Italia si collocava al 69° posto.
Il fenomeno della corruzione colpisce in modo sempre più grave i Paesi maggiormente investiti dalla crisi economica, mentre i più virtuosi risultano Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda. Le ultime tre posizioni sono invece occupate da Afghanistan, Corea del Nord e Somalia.
Il problema, ha spiegato Maria Teresa Brassiolo, presidente di “Transparency International Italia”, è che la corruzione non viene contrastata “in modo sistematico” (Radio Vaticana, 5 dicembre).
Nel complesso, le imprese costrette a pagare tangenti crescono il 25% in meno, e ogni punto di discesa nella classifica provoca una perdita del 16% di investimenti esteri. Senza questi livelli di corruzione, il tasso di crescita italiana sarebbe oltre il triplo a medio termine e il doppio a lungo termine (Avvenire.it, 22 ottobre). Oltre a non ricevere investimenti, il Paese non beneficia nemmeno del vantaggio di conoscenze, sinergie e innovazione che questi possono portare.
Anche se i cittadini chiedono un rinnovato impegno per riformare e modernizzare il Paese sulle basi della legalità, della trasparenza e della responsabilità, denunce e condanne sono in calo. Lo sottolinea anche la Banca mondiale attraverso le ultime rilevazioni del Rating of control of corruption (RCC), che collocano l'Italia agli ultimi posti in Europa e con un trend che evidenzia un costante peggioramento negli ultimi decenni (Avvenire.it, 22 ottobre).
Un rapporto sulla corruzione in Italia realizzato dalla commissione nominata dal Ministro per la pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi e coordinata da Roberto Garofoli sottolinea come la diffusione del fenomeno della corruzione renda insufficiente il contrasto di tipo repressivo, imponendo l'elaborazione e l'implementazione di una politica di contrasto che si avvalga anche di misure “di tipo extrapenale”, destinate a svolgere una funzione di prevenzione e operanti sul versante prevalentemente amministrativo. L'idea di fondo è quella di moltiplicare le barriere interne all'amministrazione, imponendo alti livelli di trasparenza “totale”.
La corruzione, ha scritto il premier Mario Monti nella presentazione del rapporto, “mina la fiducia dei mercati e delle imprese, scoraggia gli investimenti dall'estero, determina quindi, tra i molteplici effetti, una perdita di competitività del Paese”.
Provoca poi un danno enorme al mercato delle energie rinnovabili, sottraendo circa 900 milioni di euro di investimenti. Solo nel 2011, la corruzione in Italia ha “mangiato” 2,5 milioni di megawatt prodotti da fonti rinnovabili (Famiglia Cristiana, 29 novembre).