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L’Italia in coda all’Europa nella tutela sociale dei disabili

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Avvenire - Agenzia Sir - pubblicato il 19/10/12
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Modello assistenzialistico e responsabilità scaricate sulle famiglie

Secondo il rapporto Censis sulla disabilità, mancano politiche di inserimento lavorativo e di sostegno per far sì che la disabilità sia vista come una risorsa e non un onere.

L'Italia si colloca al penultimo posto in Europa – prima della Spagna – per le risorse destinate alla tutela sociale delle persone disabili. La spesa è infatti di 438 euro pro capite contro i 531 della media dell'UE. C'è inoltre una grande sproporzione tra le misure erogate sotto forma di prestazioni economiche e quelle in natura (beni e servizi), perché in quest'ultimo caso il valore pro capite annuo non raggiunge i 23 euro, meno di un quinto della spesa media europea (125 euro).

Sono i dati che emergono dalla ricerca “I bisogni ignorati delle persone con disabilità”, promossa dalla Fondazione Cesare Serono e realizzata dal Censis, che evidenzia una grande distanza dai 703 euro pro capite annui della Germania e i 754 del Regno Unito. Il fanalino di coda del continente, la Spagna, si attesta sui 395 euro, ma per i servizi in natura supera l'Italia (Avvenire.it, 17 ottobre).

A mancare non sono solo le risorse economiche, ma soprattutto le politiche di inserimento lavorativo. In Italia, infatti, i disabili occupati sono il 18,4% tra i 15 e i 44 anni e il 17% tra i 45 e i 64 anni. Sono occupati meno di una persona Down su tre dopo i 24 anni, meno della metà delle persone con sclerosi multipla tra i 45 e i 54 anni e il 10% degli autistici con più di 20 anni.

Circa l’inclusione scolastica, lo studio indica che “l’esperienza italiana rappresenta un’eccellenza” per l’obbligo per le scuole di accettare alunni con disabilità, ma le risorse dedicate alle attività di sostegno e integrazione “appaiono spesso inadeguate” (La Stampa.it, 17 ottobre).

Il modello italiano, spiega il rapporto, “rimane fondamentalmente assistenzialistico e incentrato sulla delega alle famiglie, che ricevono il mandato implicito di provvedere autonomamente ai bisogni delle persone con disabilità, di fatto senza avere l’opportunità di rivolgersi a strutture e servizi che, sulla base di competenze professionali e risorse adeguate, potrebbero garantire non solo livelli di assistenza migliori, ma anche la valorizzazione delle capacità e la promozione dell’autonomia delle persone con disabilità” (Famiglia Cristiana.it, 17 ottobre).

Allo stesso modo, il dibattito pubblico sui diritti delle persone con disabilità, “particolarmente vitale” in altri Paesi, in Italia sembra rimanere “appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori”, e i temi relativi alla disabilità ottengono con estrema difficoltà l’attenzione dei media, apparendo nelle agende pubbliche “solo quando si tratta d’immaginare ipotesi di ‘recupero’ di spesa” (Agenzia Sir, 17 ottobre).

Per Salvatore Pagliuca, presidente nazionale di Unitalsi, il rapporto del Censis è “un campanello d'allarme” che preoccupa perché in tempi di crisi “si rischia che le categorie più fragili siano schiacciate da logiche politiche lontane dalla realtà”. Il fatto che in Italia ci siano poche risorse per la disabilità, ha osservato, “dipende da una questione culturale”, che va cambiata per far sì che la disabilità venga considerata “una risorsa e non un onere”.

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